La tragedia di Genova ha colpito tutto il Paese, perchè tutti abbiamo pensato che una fatalità così grave sarebbe potuta accadere ad ognuno di noi. Percorriamo ponti e strade ogni giorno. Lo facciamo senza pensarci troppo nella presunta certezza che siano costruiti a regola d’arte, nel rispetto delle norme di sicurezza, dei collaudi e dei periodici controlli. Per questo quando capita un evento quale il crollo del Ponte Morandi ci sentiamo così scossi nella fiducia che riponiamo nelle Istituzioni. Nell’epoca in cui si erigono i muri e nessuno costruisce ponti, come ha fatto notare per l’ennesima volta Papa Francesco, il crollo di un ponte rappresenta plasticamente la sconfitta del governo, delle Istituzioni e più in generale della politica.
L’Italia è un Paese strano, dove trascorso il tempo dei funerali di Stato, dei discorsi ufficiali e delle promesse solenni, sulle vittime scende una fitta nebbia di disinteresse e di silenzio. Stavolta, a mio parere, le vittime sono finite praticamente subito in secondo piano, surclassate dalla necessità spasmodica di trovare un colpevole con il quale prendersela. La necessità del Governo giallo-verde è stata fin da subito quella di allontanare da se stesso qualsivoglia responsabilità, nel tentativo di trovare un capro espiatorio sul quale riversare la rabbia dei cittadini. Ci ha provato Rocco Casalino, portavoce del Presidente del Consiglio, inviando un messaggio ai giornalisti sui presunti fischi al segretario democratico Maurizio Martina e gli applausi (veri) a Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Ci hanno provato i leader di Lega e M5S attaccando Benetton e Autostrade per l’Italia, con la minaccia di ritiro immediato delle concessioni autostradali, in barba a contratti e pesantissime penali. Ci è riuscita la solita rete torbida dei social network con l’ormai abituale sequela di fake news, volta a denigrare avversari politici e chiunque sollevi idee diverse da quelle grillino-leghiste.
La vicenda di Genova ha indubbiamente messo in evidenza alcune certezze. La prima è che la luna di miele fra una parte del Paese e l’attuale Governo è in pieno svolgimento. Ci mancherebbe altro d’altronde, non sono passati nemmeno sei mesi e chi ha votato convintamente M5S e Lega sta aspettando che le promesse elettoriali diventino realtà. La seconda è che il Partito Democratico viene ancora identificato, da una parte attualmente maggioritaria del Paese, quale interprete di una stagione politica fallimentare, mentre la sua opposizione viene considerata ancora inadeguata per molti di quelli che lo hanno votato. C’è infine una terza evidenza che dovrebbe farci riflettere seriamente e che riguarda la compromissione quasi irreversibile del sistema della comunicazione, che non è più in grado di opporre la verità reale alla post verità, costruita strumentalizzando tante persone ingenue, che quotidianamente vengono usate sui social network come cassa di risonanza di falsità, quali inconsapevoli protagonisti di una grande catena di Sant’Antonio social.
Non se ne può davvero più delle menzogne che vengono pubblicate sui social network da siti farlocchi, profili finti e troll di professione. E’ arrivato il momento di dire basta e reagire duramente contro chi per convenienza inquina il dibattito pubblico, denigrando le persone con falsità, menzogne e ingiurie. Per questa ragione dobbiamo far diventare virale la campagna lanciata dal Partito Democratico nazionale #ripuliamofacebook, segnalando tutte quelle pagine e quei profili che quotidianamente rilanciano sui social notizie false ed accuse violentissime contro tutti quei cittadini che non si rassegnano a vivere in una società dominata dalla menzogna. Allo stesso tempo ci vuole un’azione della politica e mi auguro che i parlamentari democratici lavorino affinchè venga istituita una commissione di inchiesta, che possa fare luce sull’utilizzo propagandistico dei social network da parte dei partiti politici e di società con interessi privati nella politica.
Su questo argomento intendiamoci, ha ragione il giornalista Enrico Pazzi quando scrive: “ripulire facebook, non ripulirà le teste” ed è altrettanto evidente che non basterà questa azione a far tornare il Partito Democratico una proposta politica credibile per il Paese. Tuttavia per consentire alle persone di costruire le proprie opinioni in libertà è necessario rimettere al centro della discussione pubblica la realtà e la verità. Quello che deve essere ristabilito è il principio di fondatezza di ciò che si afferma e delle relative conseguenze. Per vincere le elezioni, invece, bisogna combattere le battaglie politiche al fianco dei cittadini, come abbiamo fatto a ferragosto insieme al Presidente del III municipio Giovanni Caudo con il presidio davanti all’impianto Tmb Ama del Salario.
Trovo sia incredibile come non venga chiesto conto ogni giorno a Matteo Salvini dei 49 milioni di euro trafugati dalla Lega allo Stato Italiano quando lui non era segretario ma parlamentare europeo, dei finanziamenti ricevuti sempre dalla Lega da Società Autostrade o dell’incarico del Premier Giuseppe Conte, in passato legale di Aiscat, la società dei concessionari di autostrade. L’avvocato del popolo che diventa all’improvviso l’avvocato delle autostrade sarebbe stato un titolo perfetto per i giornali, ma avrebbe offuscato la narrazione populista, che vede nei figli del popolo i salvatori della patria.
Per questa ragione l’altra questione da affrontare è il problema della memoria corta. Ad esempio quasi nessuno ricorda come nel 2008 Matteo Salvini abbia votato il decreto del Governo Berlusconi che stabiliva vantaggiose condizioni ai concessionari autostradali. In quell’occasione il Partito Democratico votò contro, ma pochi se lo ricordano e anche i democratici non fanno molto per rivendicare le proprie azioni. Tuttavia oggi una parte del popolo cerca i selfie con Salvini durante i funerali. Su questo ho letto tantissime opinioni in questi giorni. Quella nella quale mi sono maggiormente ritrovato è stata espressa da Frankie hi-nrg, che ha parlato di una serie di miserie umane, che tuttavia danno l’idea del momento sconfortante che stiamo vivendo. Per leggere la sua intervista integrale clicca qui. Attenzione però perchè l’esercito del selfie è il paese reale.
Sono miseri anche i componenti di quel manipolo di ultrà della curva della Lazio che vorrebbero riportare l’Italia agli anni ’20, quando le donne se ne dovevano stare a casa. Questi presunti capi della tifoseria, dai quali dovrebbero dissociarsi le migliaia di persone perbene che tifano per i biancocelesti, identificano la curva come un “luogo sacro“, dove esisterebbe un “codice non scritto da rispettare“, per il quale nelle prime dieci file non devono essere ammesse “donne, mogie e fidanzate“. Questi uomini duri si firmano Diabolik, Pluto… e come ha scritto giustamente la consigliera comunale democratica Giulia Tempesta, mancano all’appello solo Pippo e Paperino. Ci sarebbe da ridere per questa pagliacciata, se non fosse che alcuni di questi fenomeni siano anche balzati alle cronache giudiziare in inchieste per spaccio di droga ed estorsione. I laziali veri, persone molto serie, combattano attivamente per non lasciare lo stadio in mano a questa gente, che spesso è la bassa manovalanza della peggiore politica romana.
p.s. voglio chiudere questo Oddio è lunedì agostano citando un post del mio amico e compagno democratico Alessandro Pillitu. Leggo più necrologi del Partito Democratico da parte di suoi, a questo punto, sedicenti iscritti, piuttosto che da dirigenti dei partiti avversari. Sto partito more na vorta ogni du minuti, almeno sui social. Se per ogni status di agosto teneste aperta na sezione tre minuti durante tutto l’anno avremmo un boom di attività politica. E no, non è dicendoci da soli quanto facciamo schifo che faremo più iscritti. Torno a postare foto di spiagge anche se sto a casa. #famopolitica se ci riusciamo.