In queste prime settimane dopo il voto, la politica si è già profondamente trasformata. Giornali e trasmissioni televisive sono diventate sempre più simili a rotocalchi quali “Novella 2000” o “Chi” e a riviste quali “Misteri” o “FantasyMagazine“. In sostanza non si parla più di fatti ed azioni, ma di gossip, false notizie, botta e risposta sui social, indiscrezioni subito smentite, scenari improbabili e sogni grotteschi, come quello celebrato sull’ultima copertina dell’Espresso, nel quale si arriva ad auspicare la cancellazione del Partito Democratico. Alcuni di quei giornalisti che per anni hanno scritto articoli contro il Partito Democratico, sono arrivati a teorizzare la necessità della scomparsa di un partito al 18%. Sono gli stessi che esaltavano il M5S quando era all’opposizione con il 20% o annunciavano roboanti risultati elettorali per la sinistra fuoriuscita dal Pd. A guardar bene sono gli stessi che in passato si crogiolavano nelle critiche all’epopea Berlusconiana, senza che una riga del loro inchiostro fosse in grado di arginarne l’avanzata dirompente. Alla critica sterile al Popolo delle Libertà, negli ultimi anni, hanno sostituito quella al Partito Democratico.
Altrimenti avrebbero dovuto scrivere della realtà, cercando di spiegare le ragioni della crisi economica, della mancanza di lavoro, della disparità di salario fra chi lavora in fabbrica, nel pubblico impiego o nel privato e chi pontifica in televisione e sui giornali. Fra chi produce davvero qualcosa e chi, invece, parla e scrive tutto il giorno di chi lavora per produrre qualcosa. Invece del gossip politico, avrebbero dovuto spiegare le ragioni per le quali molte delle inchieste della magistratura troppo spesso si siano concluse senza condanne, con il risultato di non essere riuscite a scardinare il sistema di corruzione che è il vero freno alla crescita del Paese e alla redistribuzione della ricchezza.
Non tutti i giornalisti fortunatamente sono così e certamente la litigiosità degli esponenti del Partito Democratico ha contribuito a trasformare l’appassionata comunità democratica in un reality show, sempre capace di produrre attenzione mediatica. Per rilanciare i democratici italiani, di conseguenza, per prima cosa deve tornare il rispetto di una comunità e di chi ha l’onere e l’onore di rappresentarla pubblicamente, piantandola di inviare, ad esempio, lettere aperte ai direttori dei giornali. Non se ne può davvero più di dichiarazioni, interviste ed appelli che ogni giorno rinnegano quello che si è deciso il giorno precedente. La misura è colma e bisognerebbe avere molto più rispetto per quelle milioni di persone che hanno votato il Partito Democratico e che continueranno a farlo, malgrado tutto.
Le donne e gli uomini che hanno votato per il Pd non vogliono un accordo di governo con chi la pensa diversamente sulle principali questioni del Paese e con quelli che hanno dileggiato i democratici in ogni modo. E’ sufficiente camminare per la strada e parlare con le persone per averne contezza. Invece di prendere in giro il Presidente della Camera Roberto Fico che viaggia su un mezzo pubblico, potrebbe essere educativo per qualcuno farsi un giro in metropolitana, per chiedere ai cittadini cosa pensino di un accordo con Luigi Di Maio o di un governissimo con Matteo Salvini. Nel III municipio dove vivo, ad esempio, Maurizio Zampetti neo iscritto al Pd, ma da sempre impegnato nel quartiere, ha scritto: “a 70 anni ho deciso di iscrivermi al Pd. Giuro che se il mio partito fa l’inciucio con i 5stelle mi cancello dal Pd“. Ha ragione lui, che proprio dopo la sconfitta ha deciso di sostenere la rigenerazione democratica. Solo gli inciuci potranno cancellare il Partito Democratico. Non credo ci voglia poi molto a sostenere una linea che è già molto chiara per i cittadini democratici. Non si entra e non si sostiene un governo con il M5S o il centrodestra, ma si appoggiano tutte quelle proposte utili per il Paese. Di più, si presentino in Parlamento le proposte di legge che si reputano più importanti e caratterizzanti. In sostanza si sfidino gli altri sulla risoluzione dei problemi reali e non sulla spartizione dei Ministeri e degli incarichi. Lasciamo che siano Di Maio e Salvini a litigare sui social, come sta già avvenendo in questi giorni (clicca qui). Al Pd spetta il compito di fare l’opposizione seriamente, come la fanno continuamente in tantissimi Comuni italiani, centinaia di amministratori locali del Partito Democratico, che dall’opposizione contribuiscono comunque al miglioramento delle proprie città. Lo facciamo ogni giorno anche noi che a Roma siamo costretti a convivere con l’incapacità e l’arroganza della Sindaca grillina Virginia Raggi.
La verità è che tantissimo ci divide dal M5S. Prendiamo ad esempio la cronaca di questi giorni. Venerdì un bambino di dieci mesi è deceduto a Catania. E’ morto a causa del morbillo. A dieci mesi purtroppo non aveva ancora l’età per essere vaccinato, ma la sua storia, come quella di molti altri piccoli sfortunati, è una tragica e lampante risposta nei confronti di chi racconta che non vaccinare i propri figli sarebbe una scelta esclusivamente personale, non in grado di influenzare la vita degli altri. Vaccinarsi tutti, al contrario, significa ridurre sensibilmente la circolazione delle malattie, proteggendo soprattutto chi non può o ancora non può vaccinarsi. I vaccini sono una conquista della nostra società e rappresentano un gesto di responsabilità verso i figli di tutti.
Si può continuare analizzando il caso del giornalista de La Stampa Jacopo Iacoboni, “persona non gradita” e quindi estromessa dalla convention del M5S di Ivrea, per aver scritto un libro di denuncia sul conflitto di interessi fra la Casaleggio Associati e i parlamentari pentastellati. Bisognerebbe cominciare ad avere nostalgia dei tempi in cui grazie alla pubblicazione dei libri sui conflitti d’interesse, si finanziavano quotidiani quali il Fatto Quotidiano. Di certo quando all’autore di un libro viene negato l’accesso ad un evento pubblico, la risposta non può che essere quella di comprare e leggere quel libro.
Se cinque anni fa fu possibile nutrire il dubbio che con il M5S ci potesse essere qualche elemento di contatto e per questa ragione Pierluigi Bersani fu costretto ad un’umiliante diretta streaming terminata in farsa. A distanza di cinque anni e dopo tante votazioni difformi in Parlamento, dalle Unioni Civili alla legge Fiano, financhè al Dopo di Noi, non si può davvero più sperare ci possa essere qualcosa in comune. Le richieste di Di Maio in realtà sono soltanto tattica politica ed hanno l’obiettivo strategico di entrare nel campo democratico, consolidando il consenso di un pezzo del popolo della sinistra che prima votava Pd e adesso ha scelto il movimento.
Un altro esempio lampante che esemplifica il pressappochismo grillino è la gestione di questioni importanti quali quella sul futuro di Atac a Roma. Il percorso del concordato, scelto dall’amministrazione comunale, appare sempre più in salita. Dopo la bocciatura arrivata dal tribunale fallimentare lo scorso 21 marzo, il piano di salvataggio dell’azienda di trasporto del Comune di Roma verrà discusso dal prossimo 30 maggio. I punti deboli del piano sono molteplici, nonostante all’attestatore del concordato sia andata la ragguardevole consulenza di un milione di euro, assegnata ovviamente senza bando pubblico. Le preoccupazioni sono tali da suggerire alla Sindaca Raggi più di qualche exit strategy, anche in vista del referendum del 4 giugno prossimo. Per evitare un’eventuale bocciatura del concordato, che esporrebbe l’azienda al rischio fallimento, il Corriere della Sera scrive di possibili partnership con Ferrovie o della messa a gara del servizio.
Tutto questo mentre in città già si discute del Referendum. Sul tema ho già avuto modo di leggere molti contributi, anche da parte di tanti esponenti del Partito Democratico. La mia personale opinione sulla questione è assai chiara e radicata, ma per il ruolo che ricopro nel Partito Democratico di Roma ho intenzione di renderla pubblica nella sede che reputo la più consona. Pur rispettando le opinioni personali di tutti, infatti, rimango convinto che debba essere un voto della direzione romana del Pd, da convocarsi quanto prima, ad indicare la posizione ufficiale del Partito Democratico su una questione così importante per la città. Sono altresì convinto che si possa ulteriormente allargare la platea della discussione e della decisione, promuovendo anche una consultazione fra gli iscritti. Quello dei referendum tematici per gli iscritti è un progetto per l’allargamento della partecipazione sul quale sta già lavorando per la federazione romana Luca Pioli e che potrebbe essere sperimentato proprio su questa importante questione.
p.s. alla giornalista di Repubblica Federica Angeli voglio mandare, come sempre da quando la conosco, il mio affetto e sostegno. Il suo lavoro e la sua tenacia sono un esempio concreto di come ogni giorno si possano combattere le mafie. Voglio anche mandare un abbraccio forte al mio amico Andrea Casu, vittima questa settimana di un brutto incidente stradale che lo ha costretto ad un forzato riposo, dopo un anno di incessante lavoro.