Chi di noi non ha mai twittato almeno una volta di essere un “very stable genius“, che tradotto letteralmente significa “un genio molto stabile“, dove per stabile si intende nel pieno delle proprie facoltà mentali? No? Non vi è mai capitato? Niente paura, è perchè nessuno di noi è stato Presidente degli Stati Uniti, oppure semplicemente perchè nessuno si era mai dovuto giustificare sulla propria tenuta psicologica, in seguito alla pubblicazione di un libro destinato a suscitare scandalo. In anticipo sui tempi previsti, anche per evitare una probabile azione legale da parte del Presidente, è uscito l’atteso “Fire and Fury” del giornalista Michael Wolff, un libro destinato a far tremare l’entourage di Donald Trump, che considererebbe il leader repubblicano alla stregua di un “bambino, bisognoso di gratificazione immediata“. Secondo l’autore del libro tutti concordano nel definire il tycon statunitense “un cretino e un idiota“. Persino persone a lui vicine come la figlia Ivanka e il genero Jared Kushner metterebbero in discussione la sua capacità di governare.
Sembra di assistere alla trama di una puntata di House of Cards, quando il giornalista-amante della moglie del Presidente Frank Underwood, interpretato prima degli scandali da Kevin Spacey, cerca di pubblicare un libro sulla vita della coppia presidenziale. Nella serie il giornalista non finisce troppo bene, perchè gli Underwood in verità non sono troppo “stabili“. Vedremo cosa succederà negli Stati Uniti di Trump, dove il Presidente sembra sentirsi pericolosamente sotto scacco dalla semplice pubblicazione di un libro fortemente critico. Cosa accadrebbe al provocatore da social, se a metterlo in discussione sul serio fossero i leader delle super potenze straniere? La scimmia nuda balla e non è un bello spettacolo.
Gli Stati Uniti di Trump, tuttavia, sono anche quelli di Oprah Winfrey, premiata con il Golden Globe alla carriera, ricevuto per la prima volta da una donna afroamericana. Il suo discorso è stato un vero e proprio manifesto politico, capace di risvegliare le coscienze di molti americani (clicca qui). “Ogni uomo dovrebbe ascoltarci” ha concluso la presentatrice statunitense, dopo aver ricordato le lotte razziali e le denunce contro gli abusi sessuali. Mai più “Me too” e la speranza che donne eccezionali e uomini fenomenali lottino insieme per l’alba di un nuovo giorno.
In Italia stiamo assistendo in queste ultime settimane a dibattiti surreali, certamente inquinati dall’avvio della campagna elettorale. Non si spiegano in altro modo le proteste da social sul costo in evidenza dei sacchetti di plastica per frutta e verdura. Primo perchè il provvedimento recepisce una direttiva europea per ridurre l’utilizzo delle borse di plastica in materiale leggero, vietandone la fornitura a titolo gratuito, per incentivare al contempo quella con materiali compostabili. Secondo perchè le buste le abbiamo sempre pagate, semplicemente il loro costo è stato sempre spalmato sul prezzo finale del supermercato, come succede con tutti i costi di funzionamento. L’unica differenza è che adesso ci accorgiamo di pagarle, perchè il prezzo appare sullo scontrino. Le proteste sono frutto di una visione miope, che pur di attaccare strumentalmente il governo sui centesimi, finge di non vedere i costi gravosi per il nostro Paese, derivanti dagli elevati livelli di inquinamento. Sulla questione vi segnalo un articolo chiarissimo di Fabio Lazzaroni (clicca qui), che ringrazio per aver reso più semplice un argomento molto complesso, sul quale si specula politicamene per ingannare i cittadini.
Ovviamente quelli che si lamentano per i centesimi da spendere per le buste di plastica, sono gli stessi che si lagnano anche perchè si propone di tagliare l’odiosa tassa del canone Rai, un risparmio di almeno 90 euro l’anno per ogni famiglia. Sono gli stessi che protestavano perchè il governo lo aveva inserito raitezzato nella bolletta della luce. Evidentemente perchè allora difendevano gli evasori che non lo pagavano. La questione è di semplice matematica per chi lo ha sempre pagato. Prima costava 113 euro, adesso in bolletta 90. Si chiama pagare tutti, pagare meno.
E’ un principio di sinistra e capisco stia sulle scatole alla destra Berlusconiana. Proporre di eliminare il canone Rai, facendo saltare contestualmente i tetti alla pubblicità che oggi favoriscono Mediaset, non soltanto è una proposta sacrosanta, ma arriva persino in ritardo. Chi sbraita sguaiatamente, lo fa perché in questi anni ha imparato che il Partito Democratico realizza le cose che promette. Come la “no tax area” per gli studenti universitari, che si applica a tutte le istituzioni universitarie e che consente a chi ha un ISEE inferiore a 13.000 euro di non pagare l’iscrizione all’università. Uno strumento in vigore da quest’anno, che aiuta davvero i meritevoli con maggiori difficoltà economiche. Tutto il contrario della proposta qualunquista di cancellare indistintamente le tasse universitarie, che al contrario rischia di favorire i più ricchi e chi non ha voglia di studiare nei tempi giusti.
A Roma Virginia Raggi si è voluta regalare per Natale il proprio giornale privato, rigorosamente finanziato con 60 mila euro di fondi pubblici, che derivano dalle tasse pagate dai romani. Su questo i leoni da tastiera grillini non hanno avuto da ridire, non hanno spammato di fake news le chat scolastiche e del calcetto. Sui denari regalati ai loro amici i grillini stanno zitti. Il giornale della Maria Antonietta de’ noantri sarà stampato in 15 mila copie settimanali da distribuire nei 15 municipi. In sostanza non lo vedrà nessuno, se non gli amministratori locali e i dipendenti pubblici. Sarà un gazzettino di propaganda pro Raggi abbastanza triste, che dimostra come i cinque stelle continuino a trovare i fondi per le proprie iniziative, ma mai per quelle della collettività.
Sono incapaci di raccogliere i rifiuti dalle strade, di far funzionare i mezzi pubblici, di tappare le buche, di risolvere la questione dei campi rom, sulla quale vi segnalo questo interessante articolo di Carlo Stasolla (clicca qui). Sono un’amministrazione incapace di governare, ma campione di marchette e nomine. Il M5S a Roma incarna in pieno la vecchia politica. Ne sono due esempi Virginia Raggi e la candidata alla Regione Lazio Roberta Lombardi. La prima ha chiesto ed ottenuto il rinvio a giudizio immediato, per far iniziare il suo processo il 21 giugno e scavallare così le elezioni politiche e regionali di marzo. Una notizia che il segretario romano del Partito Democratico Andrea Casu ha condannato, soprattutto per la scelta della Sindaca di non far costituire Roma Capitale quale parte civile nel processo per falso che la riguarda. Non era mai successo, né con Ignazio Marino e neppure con Gianni Alemanno. Nessuno rappresenterá durante questo procedimento che riguarda il Sindaco gli interessi dei romani.
Roberta Lombardi, invece, nel mezzo della crisi politica che coinvolge la Presidente del III municipio Roberta Capoccioni, ha deciso di presentarsi a Val Melaina. Si potrebbe auspicare per affrontare la crisi della maggioranza grillina e chiedere uno sforzo per amministrare un municipio abbandonato a se stesso. Macchè. La Lombardi è venuta nel municipio della sua “protetta” per una pizzata e tombolata con gli attivisti del movimento. Mangiano e giocano sulla pelle dei cittadini, perché quello che gli interessa sono le poltrone e gli stipendi degli assessorati.
Per questa ragione il Partito Democratico di Roma ha voluto denunciare con una conferenza stampa i gravissimi ritardi sulla gestione del reddito di inclusione (clicca qui), un tema serio di cui il M5S a Roma si disinteressa. Decine di migliaia di italiani hanno già presentato richiesta d’accesso al Reddito d’Inclusione (ReI), la misura di contrasto alla povertà e per l’inclusione sociale che i governi Renzi e Gentiloni hanno voluto per assicurare un sostegno concreto a quei 2 milioni di cittadini che si trovano in condizioni di grave disagio economico. A Roma Virginia Raggi nega questo diritto, generando discrezionalità e prevedendo appuntamenti, soltanto per presentare le domande, a dicembre 2018.
In questo modo i cittadini romani rischiano di essere penalizzati, a causa dell’incapacità del M5S di predisporre servizi in grado di accogliere tempestivamente le domande. Creare un iter amministrativo lungo e complicato rischia di discriminare i romani che hanno diritto ad usufruire di questa misura, rispetto ai cittadini di altre città, sopratutto perché il budget per il Rei è limitato ed ha durata annuale. Eppure in altre città d’Italia le procedure sono snelle e veloci. A Milano e Napoli è possibile presentare la domanda nei Caf, a Fiumicino è sufficiente presentarsi all’ufficio Protocollo. L’unica soluzione per assicurare questo diritto è il ritiro dell’assurda circolare della Sindaca, prevedendo che le domande possano essere presentate direttamente a sportello e agli uffici protocollo. Devono essere eliminati tutti gli ostacoli che il comune sta ponendo a chi ha diritto a questo aiuto economico. E’ davvero insopportabile notare come ogni volta che il Governo nazionale intervenga per aiutare Roma, Virginia Raggi risponda picche.