Venerdì scorso si è celebrata la giornata internazionale dedicata a combattere la violenza sulle donne. Nei primi dieci mesi del 2017 sono state 114 le donne vittime di omicidio volontario, secondo i dati forniti dal quarto rapporto Eures sul femminicidio in Italia (clicca qui). I dati sono purtroppo in linea con gli anni precedenti e mostrano come tre omicidi su quattro si consumino in famiglia, animati dal possesso e dalla gelosia, ma anche dall’isolamento e dal disagio psico-sociale. E’ un numero impressionante, al quale si dovrebbero aggiungere le vittime di stupro, violenza domestica e stalking. Le donne che muoiono per colpa degli uomini sono molte di più, ad esempio, di chi è rimasto ucciso nei terribili attentati terroristici di Barcellona, Londra e Manchester, che quest’anno hanno insanguinato le strade d’Europa. Sono numeri sconcertanti contro i quali non possono bastare le azioni simboliche e le manifestazioni di piazza.
La questione è che mentre si moltiplicano le azioni simboliche quali le panchine rosse e i muri di bambole, la stragrande maggioranza della popolazione sembra ignorare la portata reale del problema. Soltanto in tre casi su dieci le donne si rendono conto di essere vittime di un uomo violento, mentre ben il 35% dei cittadini è convinto che si tratti semplicemente di faccende familiari da risolvere in privato. C’è chi sui social, quando commenta fatti gravissimi di violenza, non si vergogna di attribuire alle donne qualche responsabilità, perchè magari “hanno provocato l’uomo“, oppure “l’hanno esasperato o tradito“. Non sono pochi stolti, ma il 16% secondo Ipsos-WeWorld. Il nostro Paese ha assoluto bisogno di uscire dalla retorica della condanna a posteriori, per impegnarsi effettivamente nelle azioni di prevenzione e tutela, per le quali sono nececessari prima di tutto fondi pubblici.
Per salvare una donna che subisce violenza, bisogna prima di tutto renderla libera e indipendente. Per questa ragione, alcune misure come il reddito di autodeterminazione per le donne che decidono di uscire dalla violenza e maggiori fondi per i centri antiviolenza, devono viaggiare di pari passo con un piano strategico nazionale che preveda formazione e prevenzione a tutti i livelli, a partire dalle scuole. Se il Parlamento, negli ultimi anni, ha finalmente varato leggi più severe, i fondi vengono ancora erogati con il meccanismo dei bandi, che mettono in palio milioni di euro per i progetti più “innovativi“, cioè per chi dimostra di fare qualcosa di diverso dal solito. Tuttavia quello che serve di più, non è qualche originale campagna mediatica, ma i fondamentali centri di accoglienza e l’apertura di nuove case rifugio. Quello che andrebbe finanziato, in realtà, è proprio l’ordinario, ovvero quello che i centri devono fare tutti i giorni.
Invece spesso si fa esattamente il contrario, come sta avvenendo per la Casa internazionale delle donne di Trastevere, che da trent’anni offre assistenza legale per salute, lavoro, maternità e sostegno contro la violenza. La struttura è sotto sfratto dal Comune di Roma, guidato dalla prima Sindaca donna della storia, a causa di un’elevata morosità accumulata negli anni. Una decisione amministrativamente giusta, che tuttavia politicamente non si può accettare passivamente. Vale la pena di ricordare come con l’amministrazione democratica fosse stato raggiunto un accordo per la cancellazione del debito, in cambio di servizi gratuiti in ambito sociale a vantaggio dei romani. Con l’arrivo della Raggi, invece, le trattative si sono bloccate e, senza alcun preavviso, è arrivata la richiesta di saldare i debiti entro trenta giorni. Questa storia amara può davvero far comprendere il significato e lo scopo della politica. Chi racconta che la politica non serve a nulla, trova normale sfrattare un’associazione che ha migliorato e salvato la vita di centinaia di donne. Lo trova assolutamente naturale, perchè nell’applicare un regolamento, computare il valore di un debito e provvedere ad uno sfratto, decide a priori di non mettere nel conto la variabile più importante: la ricaduta sulle persone. La Casa Internazionale delle donne chiude? Chi se ne frega, è la risposta di chi non crede nella politica.
E’ la medesima risposta che viene data quando si fanno gli sgomberi di via Curtatone e di via Quintavalle, senza trovare un’adeguata sistemazione abitativa per quei nuclei familiari che ne hanno diritto. Da ormai tre mesi, a cento metri dal Campidoglio, nel porticato della Chiesa di Santi Apostoli, vivono accampati circa 60 nuclei familiari con oltre 30 bambini. Sono le vittime dello sgombero di via Quintavalle, rimaste senza abitazione, nonostante rientrino tra gli aventi diritto ad un alloggio popolare, secondo la delibera regionale sull’emergenza abitativa di Roma. Sopravvivono al freddo, senza servizi, usando il solo bagno della chiesa e senza la possibilità di avere pasti caldi. Se Padre Agnello non le avesse accolte, scegliendo di non voltarsi dall’altra parte, sarebbero per strada nell’assurdo disinteresse dell’amministrazione capitolina.
Sono persone, che con dignità provano ad affrontare una situazione drammatica, di cui non sono responsabili. Aspettano di vedere rispettato il proprio diritto alla casa, dopo aver subito uno sgombero effettuato senza aver preventivamente programmato delle alternative reali, se non degli assurdi smembramenti dei nuclei familiari. Tutto questo non accade in un luogo lontano o in un teatro di guerra, ma nella capitale del Paese, a pochi metri dal Campidoglio e dalle luci natalizie di via del Corso. La Sindaca dovrebbe smettarla di voltarsi dall’altra parte, come qualche giorno fa ha ammonito Papa Francesco e dovrebbe cominciare a lavorare per utilizzare i fondi della Regione Lazio per l’emergenza abitativa, per trovare soluzioni alle famiglie di Santi Apostoli e alle 30 mila famiglie romane, che nelle nostre periferie attendono un alloggio pubblico di cui hanno diritto.
Vedendo le voragini per le strade di Roma, si potrebbe pensare ad un Sindaca assente e disattenta su tutto. Anche su questo, tuttavia, bisogna sfatare un falso mito sulla Raggi. La Sindaca, in realtà, si occupa soltanto di quello che interessa lei e i suoi amici. Su Piazza Navona, ad esempio, l’amministrazione capitolina ha vanificato, con un colpo di spugna, tre anni di duro lavoro messo in campo dal I Municipio, guidato dalla Presidente democratica Sabrina Alfonsi. La festa della Befana di Piazza Navona, che il municipio aveva trasformato in un momento di comunione cittadina con spettacoli e iniziative per bambini, è ritornata ad essere un bazar di ninnoli e di cineserie, che nulla hanno a che vedere con lo spirito originario della festa. Una decisione assunta per sostenere il monopolio dei soliti noti, favorendo l’anzianità dei posteggi e salvaguardando così i privilegi di alcuni, a svantaggio della concorrenza e della qualità degli operatori.
E’ il modo di governare dei grillini, quello dei due pesi e delle due misure. Nei municipi, ad esempio, concedono il permesso per alcune iniziative, ma le negano senza ragione ad altre. Usano i bandi pubblici per mettere a gara strutture abusive nei parchi o per assegnare palestre pubbliche ad associazioni che nemmeno raggiungono i punteggi minimi, firmando al contempo proroghe decennali per delle concessioni, in barba a quanto previsto dal codice degli appalti e dalle delibere dell’Anac. Per anni hanno scritto e parlato di legalità, per poi votare in silenzio decine di debiti fuori bilancio, per l’acquisto di computer inesistenti o per addobbare gli alberi di Natale nelle piazze. I grillini sono così, dicono una cosa e ne fanno un’altra. La ragione è delle più semplici, non fanno politica, ma perseguono i propri interessi. Di conseguenza non sono tenuti alla coerenza, perchè non devono giustificare le loro azioni con i cittadini.
L’essenza dei grillini l’ha dimostrata bene la vicenda surreale della fake news con tanto di foto, dei “presunti” funerali di Riina, ai quali avrebbero partecipato il sottosegretario Maria Elena Boschi, la Presidente della Camera Laura Boldrini e il senatore democratico Francesco Verducci. Notizia falsa ovviamente. Prima di tutto, perchè i funerali pubblici del boss mafioso non ci sono mai stati. Secondo perchè gli autori della bufala, hanno scelto di profanare un funerale reale, quello del migrante nigeriano Emmanuel Chidi Nnamdi, ucciso a Fermi. Il gruppo parlamentare del M5S ha dovuto doverosamente prendere le distanze dalla bufala, che è stata tuttavia promossa da diversi canali e profili grillini.
E’ proprio questa la principale responsabilità di Beppe Grillo e degli uomini di punta del movimento. Non si è credibili nel prendere le distanze dalle azioni dei propri militanti, quando queste vengono continuamente incitate e rilanciate. Non conta nulla che in radio Alessandro Di Battista ammetta, con un filo di voce, che il figlio sarà vaccinato, quando centinaia di militanti grillini pubblicano ogni giorno bufale sui vaccini. Per essere davvero credibili, i vertici del M5S dovrebbero pubblicamente sconfessare quei grillini che fanno della pubblicazione delle fake news un lavoro (retribuito?), invece di limitarsi ad allontanare soltanto quelli che non la pensino come il capo. Oppure dovrebbero avere il coraggio di fare il contrario, assumendosi pienamente la responsabilità di queste campagne mediatiche. Sarebbe più onesto e meno ridicolo.
Un’ultima riflessione su Ostia per non spegnere i riflettori sul decimo municipio. Per aiutare i cittadini di Ostia e la nuova amministrazione, che chiede di non essere lasciata sola nella lotta alla criminalità, moltiplichiamo certamente i presidi di sicurezza, ma accendiamo anche i fari della comunicazione, per incrementare trasparenza e controllo su quanto accade nel territorio. Fino a qualche tempo fa in Questura c’era una sala stampa, che poi è stata chiusa. Riapriamo la sala stampa della Questura e apriamone una nuova nel commissariato di Ostia. Aiutiamo le forze dell’ordine a fare il proprio lavoro, sosteniamo gli amministratori eletti e consentiamo ai giornalisti di raccontare ai cittadini la verità. Così si può costruire assieme il clima per estirpare le mafie e la criminalità da Ostia.
p.s. Nemmeno più nel calcio si usano le monetine per vincere una partita. Scegliere la sede dell’agenzia europea del farmaco Ema in questo modo è davvero stata una follia. Una decisione ingenerosa per l’Italia e Milano, ma soprattutto l’ennesima ferita per l’Europa, che quando accadono episodi di questo tipo perde di forza e credibilità.