Oddio è lunedì #49 – Toto Riina è morto, ma la mafia è viva e vegeta

Salvatore Riina è morto, ma la mafia è viva e vegeta. In questi ultimi giorni siamo stati spettatori delle ultime ore del cosiddetto “capo dei capi” di Cosa Nostra. Un uomo che ormai capo non era più da molto tempo, ma che ha condotto da protagonista la guerra della mafia contro lo Stato, senza mai dare alcun segno di pentimento. Lo dirò senza peli sulla lingua, quando muore un uomo così, il mondo è un posto migliore. Non c’è pietà umana che tenga, semplicemente perché lui non l’ha mai avuta per nessuno. Lo sanno bene i parenti delle sue vittime, crivellate di colpi, sgozzate, sciolte nell’acido e fatte saltare per aria. A 87 anni ha rubato già troppi di quegli anni, sottratti alle persone alle quali ha spezzato la vita. Ventisei ergastoli per almeno cento omicidi, due dei quali rispondono ai nomi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Due magistrati che con il loro lavoro avrebbero potuto cambiare il futuro del nostro Paese. Ad una belva così, nessun essere umano può permettersi di concedere il perdono, lo dobbiamo alla memoria delle sue vittime.

Bene hanno fatto, di conseguenza, i vescovi ad escludere fin da subito un qualsiasi funerale pubblico. La credibilità nella lotta alle mafie, passa inevitabilmente per questa necessaria fermezza nei comportamenti. Perché proprio nel giorno della morte di Riina, è più che mai importante avere consapevolezza di come la mafia sia viva e vegeta. L’abbiamo sfidata in queste settimane ad Ostia, con una bellissima manifestazione in Piazza Anco Marzio, insieme a migliaia di persone che vogliono liberare il X Municipio dai criminali. La continuiamo ad affrontare come Partito Democratico, che non a caso viene colpito con un atto intimidatorio nei confronti del circolo di Ostia Antica. Abbiamo capito il segnale e non ci fa alcuna paura. Non possono farcene, semplicemente perché noi stiamo assieme alle migliaia di teste pensanti, che sono molto più forti dei delinquenti, che danno testate e appiccano il fuoco ai portoni. Quando i cittadini perbene tornano ad occupare le piazze delle nostre periferie e lo Stato e le Istituzioni tornano ad investire risorse e non soltanto a schierare le forze dell’ordine, sono i criminali a dover avere paura. Una volta spenti i riflettori del circo mediatico, cerchiamo di accendere luci e possibilità nelle periferie della nostra città.

Per farlo ci vorrebbe anche più senso di responsabilità da parte dei mezzi d’informazione. La spettacolarizzazione delle notizie sta generando mostri. Quando trasmissioni come Piazza pulita e la Zanzara intervistano personaggi legati a famiglie malavitose, costringendo ad interloquire con loro e alla pari, quelli che da anni combattono le mafie e che sono costretti a vivere sotto scorta, si sta facendo un pessimo servizio alla società. E’ intollerabile lasciare diritto di tribuna a chi urla in televisione che “la mafia è lo Stato” e che “Federica Angeli sia una pseudo giornalista. La storia della giornalista di Repubblica Federica Angeli ormai la conosciamo tutti ed ho avuto l’onore, in questi anni, di discutere più volte con lei di legalità e di lotta alla criminalità organizzata. Federica condanna ormai da anni i “metodi degli Spada” ed invoca da sempre l’intervento dello Stato, che sarebbe dovuto essere più presente per le persone vittime dei mafiosi.

Le mafie, tuttavia, non operano soltanto ad Ostia. Tante periferie della città sono in mano alla criminalità. L’ho ribadito ad inizio settimana a Radio Italia, spiegando le azioni del Pd Roma sull’argomento e ricordando come la violenza verbale sia uguale a quella fisica. Per questa ragione, con il segretario romano Andrea Casu abbiamo fermamente condannato il consigliere grillino dell’XI municipio, che aveva chiesto ai vigili urbani di usare il “metodo Spada” per allontanare dall’aula una consigliera del Partito Democratico. Davanti a questi comportamenti inqualificabili, non basta voltarsi dall’altra parte come ha fatto la Sindaca Virginia Raggi o tentare di banalizzare una minaccia, derubricandola a battuta infelice, come commentato dalla candidata alla Regione Lazio Roberta Lombardi. C’è assoluta necessità di azioni concrete, persone del genere vanno isolate e accompagnate fuori dalle Istituzioni.

Condannare i cattivi esempi per mettere in risalto quelli positivi. Penso alle parole di Papa Francesco sul fine vita, un argomento difficilissimo da affrontare per la Chiesa Cattolica. Chiariamo subito, le parole di Francesco non aprono all’eutanasia, ma consentono uno spiraglio, “uno spazio adeguato” che deve essere dato alla “dignità dell’essere umano“, per “evitare l’accanimento terapeutico“. Vuol dire, a mio avviso, permettere ad un destino di compiersi, malgrado i progressi della medicina consentano, in alcuni casi, di tenere in vita un corpo anche quando il nostro spirito non c’è già più. Mi sembra una grande occasione per il Parlamento per legiferare con senso di responsabilità su un argomento che ci interessa tutti, per dare finalmente una certezza normativa alle scelte sul fine vita.

Penso agli occhi azzurri di Luisa Velluti, una donna di 29 anni alla ricerca della propria madre naturale. Una donna senza genitori, che oltre al suo dolore di figlia, si è dovuta caricare anche il dolore della donna che l’ha partorita e che non la vuole, perché lei rappresenta il ricordo concreto e indelebile di una terribile violenza sessuale. Ci vuole una forza incredibile per rimanere in piedi dopo una prova del genere, ma cercare la verità e saperla accettare, anche quando è così dolorosa, fa di Luisa un grande esempio di coraggio.

Ci vogliono più modelli positivi come Damiano Tommasi, che è stato un grande calciatore della Roma ed ora è un grande uomo di sport. Gli ci sono voluti pochi minuti per capire che in Federcalcio non sarebbe cambiato nulla e che Carlo Tavecchio non avrebbe rinunciato alla sua poltrona, nonostante la clamorosa eliminazione dell’Italia dai prossimi mondiali di Russia. Tommasi lo ha scritto con una battuta, le “panchine sono più scomode delle poltrone“. Ha perfettamente ragione, in un paese normale le dimissioni di Tavecchio sarebbero state un atto dovuto e non soltanto per la disgraziata disavVentura azzurra contro la Svezia.

Il calcio in Italia è gestito malamente. Soltanto la settimana scorsa la Figc era intervenuta per far annullare la sacrosanta squalifica di un ragazzino, che in campo aveva dato una testata ad un disabile di otto anni. Per chiedere scusa agli svedesi, invece, per i beceri fischi di San Siro durante l’inno nazionale, era servito l’intervento di Daniele De Rossi. Tutte le settimane negli stadi viene consentita l’esposizione di svastiche, croci celtiche e striscioni d’odio, tanto che un giocatore della seconda categoria bolognese ha trovato normale esultare a Marzabotto con il braccio teso e sfoggiando una maglietta della Repubblica di Salò.

Il comune lo ha giustamente denunciato ed è così che si deve fare. Dobbiamo avere rispetto della storia dei luoghi e dei sacrifici di quelle persone, grazie alle quali oggi possiamo tirare calci ad un pallone ed arrampicarci sulle reti per esultare. Ci stiamo colpevolmente dimenticando dei tanti, che sulle reti provavano ad arrampicarsi per scappare dai campi di sterminio, con i nazifascisti che gli sparavano alle spalle. Quest’estate avremo sicuramente meno calcio da vedere, senza la partecipazione dell’Italia ai mondiali. Potremmo usare il tempo che avremmo dedicato alla partita della Nazionale per visitare un museo, leggere un libro, andare a teatro o guardare un film che ci faccia ricordare. Ognuno di noi può fare la sua piccola parte, magari regalando agli amici per Natale un libro o un film sulla memoria.

E’ partito il tesseramento al Partito Democratico. In III municipio lo abbiamo aperto con una festa al circolo Nuovo Salario, alla quale ha partecipato il segretario del Pd Roma Andrea Casu. In tutta la città i circoli municipali stanno organizzando iniziative ed incontri, come quello molto partecipato con Franco Marini al circolo Parioli o quello promosso al Nazareno con il Presidente del Partito Democratico Matteo Orfini. La comunità democratica sta costruendo l’alternativa al M5S, ma la strada è ancora lunga e in salita.

Il M5S nel decimo municipio ha vinto ieri l’ennesimo ballottaggio, confermandosi come forza politica, capace di attrarre i voti degli elettori degli altri partiti. Dopo che al ballottaggio del 2016, gli elettori di centrodestra scelsero la Raggi invece di Roberto Giachetti, diciotto mesi dopo anche gli elettori delle forze civiche e del centrosinistra hanno preferito la candidata grillina Giuliana Di Pillo, rispetto a Monica Picca sostenuta dal centrodestra. Certamente si è votato in un deserto di partecipazione, con due cittadini su tre che hanno preferito disertare le urne. Tuttavia tra le due destre al ballottaggio, i pochi romani che sono andati a votare hanno dimostrato, ancora una volta, di non fidarsi più della destra che ha già devastato Roma, con la tragica esperienza dell’amministrazione Alemanno, preferendole comunque, malgrado gli errori della Raggi, quella post ideologica dei grillini. Sono convinto che soltanto un nuovo centrosinistra democratico e popolare potrà riconquistare la fiducia di quei romani che non vanno più a votare e che aspettano una proposta politica degna della capitale del Paese.

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