La politica spesso è molto più semplice di come la si vuole dipingere. Sulla mozione democratica approvata dal Parlamento, che “impegna il Governo ad adottare iniziative utili a rafforzare le attività di vigilanza del sistema bancario, ai fini di tutelare il risparmio e promuovere un clima di maggior fiducia dei cittadini nei confronti del sistema creditizio, anche individuando una figura più idonea a garantire una nuova fiducia nell’isituto“, non può esistere alcuna questione di metodo. Tuttavia, invece, esiste una gigantesca questione di merito. O si esprime un giudizio negativo e insufficiente su quanto fatto in questi anni sul controllo del sistema bancario, come ha legittimamente fatto il Pd, oppure si deve avere il coraggio di sostenere quanto è accaduto. Non si possono difendere al contempo i cittadini correntisti e i banchieri. Soprattutto non può esistere in politica la lesa maestà verso qualcuno, chiunque esso sia. Questo è il tempo delle scelte politiche, altro che rincorsa ai grillini.
Per questa ragione trovo incredibilmente pretestuose le prese di posizioni di chi si scandalizza per una mozione parlamentare, che semplicemente interpreta il malessere della maggioranza degli italiani sull’argomento, esplicitando ufficialmente la propria posizione politica al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Tuttavia, invece di discutere del merito della questione, i media si occupano del metodo. Sarebbe stata meglio una telefonta privata di Renzi a Gentiloni, oppure una mail dal Nazareno alla Presidenza del Consiglio? Nessuno che si interroghi sull’esistenza o meno di responsabilità sulla prevenzione e la gestione delle crisi bancarie o sugli strumenti con le quali affrontarle nel prossimo futuro. La politica italiana si limita troppo spesso a discutere di metodo, mai di merito. Quello troppo spesso viene lasciato ai frequentatori dei salotti buoni della finanza e dell’economia, perchè per entrare nel merito bisogna leggere e studiare, non essendo sufficiente un twett da 140 caratteri o un post sui social.
Sta tutta qui la sfida del nostro tempo sul primato della politica, messa sempre più in crisi dal situazionismo, che consente a chiunque di posizionarsi tatticamente come meglio conviene al momento, senza dover mai proporre una visione d’insieme sul futuro. Quando nel 1929, un periodo che assomiglia sempre più pericolosamente al nostro, Antonio Gramsci scriveva della necessità di un’egemonia politica per sostanziare l’azione di governo, così da non dover contare soltanto sul potere e sulla forza materiale che esso produce, immagino intedesse lo sviluppo di un potere più forte di quello dominante, capace di impregnare la società con le idee di una più equa redistribuzione della ricchezza. Dalle drammatiche conseguenze della crisi economica mondiale, abbiamo imparato come oggi il potere politico sia più debole e fragile di quello economico e dell’alta finanza, poichè l’idea che permea la società si fonda principalmente sui pilastri dell’egoismo e del denaro.
Questo è il cuore della questione. Le istituzioni sovranazionali quali l’Unione Europea, la Banca Centrale Europea, le banche nazionali e il mercato globale, hanno certamente contribuito al lungo periodo di pace in Europa. Hanno garantito l’equilibrio politico e finanziario globale, sopperendo spesso alle carenze dei governi nazionali, finendo però al contempo per svuotarli di un effettivo potere contrattuale. I vincoli economici hanno di fatto ridotto lo spazio di manovra della politica, causando una crisi dei partiti tradizionali e provocando la resurrezione degli estremismi e dei populismi. In sostanza, parafrasando un vecchio adagio di qualche anno fa sulla fine della storia, stiamo rischiando di assistere alla fine della politica. Tuttavia, per fortuna, la politica non si esaurisce, poichè fa parte dell’uomo e di conseguenza muta fino a far emergere nuovi paradigmi. Stiamo vivendo una nuova fase, nella quale torna ad essere necessario ridimensionare la funzione storica delle strutture economiche, ristabilendo un più equilibrato rapporto tra processi economici e processi politici. Per farlo non sarà certo sufficiente una mozione del Partito Democratico in Parlamento, ma è sempre meglio di chi si scandalizza e fa finta di niente. Il Presidente del Consiglio sceglierà in piena autonomia, come è giusto, i vertici di Banca d’Italia, ma rimane sacrosanto, legittimo e persino necessario che il partito più importante del governo faccia sapere agli italiani come la pensa su un tema così importante.
A proposito di Europa, all’inizio della scorsa settimana sono stato, assieme ad alcuni dirigenti del Partito Democratico di Roma, in visita al Parlamento Europeo di Bruxelles. Ammetto che la sala dove si riunisce il Parlamento emoziona per solennità ed imponenza. Nonostante il Presidente del Parlamento Europeo sia l’italiano Antonio Tajani, l’Europa di oggi non è quella che vorremmo. L’idea di poter costruire un’Europa dall’alto, attraverso meccanismi puramente tecnocratici, è stata importante per avviare il processo unitario e per lanciare la moneta unica. Ora però serve costruire l’Europa politica, quella capace di consentire ai cittadini europei di eleggere direttamente una figura che sommi le cariche di Presidente della Commissione e di Presidente del Consiglio europeo. Come si possono affrontare, altrimenti, le sfide dell’economia globale e del terrorismo, senza avere una politica estera e di difesa comune.
Siamo già tutti europei. Lo percepiamo chiaramente dentro di noi, quando soffriamo per le immagini di dolore e sofferenza per gli attentati di Londra, Parigi e Bruxelles. Lo siamo, quando commentiamo e dibattiamo sui risultati delle elezioni degli altri Stati membri o ci indigniamo per la crisi della Catalogna. Siamo europei nel cuore e lo siamo ancor di più con il portafoglio, ma non lo siamo affatto quando dobbiamo scegliere i nostri rappresentanti politici. La prossima generazione si sentirà più europea che italiana, per questo sono convinto che quelle forze politiche che utilizzano strumentalmente l’italianità, quale elemento identitario, siano sconfitte già in partenza.
E’ di questi giorni l’odiosa decisione delle compagnie telefoniche di prevedere una bolletta ogni 28 giorni, al posto di quella mensile. In sostanza siamo di fronte ad un aumento dei prezzi camuffato, poichè pagheremo tredici volte in un anno, invece delle vecchie dodici. E’ la risposta del mercato oligopolistico delle telecomunicazioni, nel quale dettano legge poche imprese fortissime, all’abolizione in Europa dei costi del roaming, ovvero le tariffe aggiuntive che si pagano quando si usa il proprio cellulare all’estero. Dalle notizie che trapelano dal Garante per le comunicazioni (AgCom), la manovra mascherata di rialzo dei prezzi porterà ad un maggior guardagno per queste aziende per quasi un miliardo e duecento mila euro. La beffa è che l’AgCom potrà sanzionare le aziende per un massimo di un milione e 160 mila euro. Mi piacerebbe fossero questi i temi per i quali darsi battaglia in Parlamento, al fine di trovare le soluzioni per difendere i cittadini e mandare un segnale chiaro alle aziende. Sono convinto che i parlamentari democratici saranno in prima linea per rafforzare i poteri di controllo e sanzionatori di AgCom.
Per chi se lo stesse chiedendo, a Roma va tutto #benemanonbenissimo. L’Espresso ha pubblicato la scorsa settimana un’inchiesta su Virginia Raggi e la carica dei 102 collaboratori (clicca qui), destinati a salire, visto l’elevato ricambio di giunta a cui la Sindaca ci ha abituato. Il problema non è soltanto di numeri però, ma anche di ruoli e funzioni. Tra i collaboratori, infatti, figura il tutore dei gatti randagi, che prendeva uno stipendio di 41.425 euro o il motivatore fitness, assunto per soli 55.158 euro, per favorire la ricerca del benessere fisico. Rimanendo in tema di sport, mentre i centri sportivi municipali rimanevano chiusi in molti municipi, a causa della caccia alle streghe grillina contro l’associazionismo sportivo di base, che da anni si occupa di tenere in piedi lo sport pubblico; il Campidoglio ingaggiava, per la modica cifra di 44.720 euro, un allenatore di rugby e docente di scienze motorie, per convincere i romani a darsi all’attività fisica. E per non far torto a nessuno sport, il neo assessore Gianni Lemmetti si è affidato ad un tecnico del volley, che per soli 41 mila euro supporterà l’assessore nel coordinare i rapporti con istituzioni, enti pubblici e società private. Il costo complessivo a carico dei romani, per garantire gli stipendi di questi “cittadini” grillini, ammonta ad appena 4,1 milioni di euro, se si considerano solo gli stipendi. Una spesa che sale a circa 5 milioni, secondo l’Epresso, se si tiene conto degli altri oneri a carico del Comune. Ricordiamolo alla Sindaca e ai Presidenti di municipio, quando quotidianamente ci dicono che non ci sono i soldi e che la colpa è di quelli che c’erano prima.
Giovedì scorso il candidato democratico Athos De Luca, il vicesegretario Mariano Angelucci e la consigliera capitolina Giulia Tempesta, insieme con i cittadini del X Municipio, sono stati protagonisti di un sit in di protesta sotto la sede dell’Assessorato alla Mobilità e dei Trasporti del Comune di Roma, per chiedere la ripartenza dei lavori della stazione di Acilia Sud. In III municipio la settimana scorsa si è riunito il tavolo per la chiusura del Tmb Salario. Mentre i comitati di quartiere parlavano del futuro di migliaia di persone, il consiglio municipale litigava su una delibera per assegnare direttamente, senza bando pubblico, la piscina comunale di via Gran Paradiso. Sempre nello stesso giorno, inoltre, la delegata alla scuola del Pd municipale Marzia Maccaroni e la consigliera municipale Francesca Leoncini, chiedevano che la palestra Agnini di viale Adriatico, assegnata all’associazionismo sportivo di base, potesse essere utilizzata in orario scolastico, come avviene ormai da anni, dalla scuola Montessori, onde evitare di sottrarre un bene pubblico alla sua vocazione naturale (clicca qui). A Roma quelli che avrebbero dovuto cambiare tutto, alla fine si sono limitati a cambiare i nomi dei consulenti, senza peraltro migliorarne la qualità. Quando si dice dalla padella alla brace.
p.s. chi mi conosce da quando ero ragazzo, sa bene che prima della passione per la politica, il mio primo amore è ed è sempre rimasto la scrittura. Per questa ragione il mio pensiero, questa settimana, va alla giornalista e blogger Daphne Caruana Galizia, barbaramente uccisa con un’autobomba, a causa del suo lavoro di giornalista d’inchiesta. A lei voglio dedicare alcuni versi di una bella canzone di Roberto Vecchioni che mi emoziona sempre.
“Sogna, ragazzo sogna
quando cade il vento ma non è finita
quando muore un uomo per la stessa vita
che sognavi tu“.