Quello di annacquare le differenze politiche fra destra e sinistra è stato uno sport molto in voga negli ultimi anni, nel tentativo, pur comprensibile, di abbassare i toni e modificare quei comportamenti, che in passato hanno avuto come conseguenza tante vittime da entrambe le parti. Tuttavia il giusto obiettivo di eliminare sentimenti di odio dal confronto politico, ha finito per produrre un falso mito, che tende a sorvolare sulle profonde differenze fra destra e sinistra, ma anzi esalta il raccconto di chi le pone sullo stesso piano, costruendo il postulato politico che è alla base dei populismi nostrani ed internazionali. Si può davvero pensare, ad esempio, che Barack Obama e Donald Trump abbiano qualcosa in comune? Dopo aver promesso la costruzione di un muro al confine con il Messico, il Presidente degli Stati Uniti ha deciso di lasciare l’Unesco, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. La decisione entrerà in vigore il 31 dicembre del 2018 e non è nemmeno paragonabile a quella presa da Washington nel 2011, quando gli Usa avevano sospeso i finanziamenti all’organizzazione, in seguito al riconoscimento della Palestina come membro dell’organizzazione. Intendiamoci i rapporti fra Stati Uniti e Unesco sono sempre stati burrascosi, basti ricordare come gli Usa siano rientrati nell’Unesco soltanto nel 2003, dopo anni di boicottaggio nei confronti di quella che il Dipartimento di Stato definiva “la crescente disparità tra la politica estera Usa e gli obiettivi dell’Unesco“. Tuttavia l’uscita di oggi, rappresenta l’ennesimo tassello della strategia di politica estera di Trump, che dopo aver inseguito e rilanciato le provocazioni della Corea del Nord, ha sferrato un attacco all’Iran, annunciando unilateralmente di voler cancellare l’accordo sul nucleare, siglato nel luglio del 2015. Secondo Trump, l’Iran sarebbe un regime fanatico, una dittatura che “avrebbe addestrato i terroristi di al Qaeda“.
Nel febbraio dello scorso anno sono stato a Teheran e Shiraz per un viaggio che mi ha profondamente arricchito. L’Iran sta compiendo un lento processo di modernizzazione e democratizzazione. Alle ultime presidenziali di maggio il moderato Hassan Rohani è stato rieletto, proprio per portare avanti il programma di riforme, che vede nel miglioramento dei rapporti con l’Occidente, uno dei punti di forza per il rilancio economico del Paese. Il percorso è ancora lungo, ma il popolo iraniano lo ha imboccato con convinzione. Nonostante questo, Trump ha improvvisamente deciso di additare l’Iran quale “Stato canaglia, che sostiene il terrorismo“. Ora nel ragionamento di Trump c’è solo un piccolo bug, poichè chiunque conosca un minimo di storia islamica e di geopolitica internazionale, potrebbe spiegarvi con semplicità come sia molto improbabile che lo stato musulmano più sciita che esista, possa anche solo pensare di addestrare i terroristi di un’organizzazione sunnita. Trump e i suoi consiglieri lo sanno benissimo, soltanto che hanno deciso di mentire agli americani, nel tentativo di costruire un’America razzista, guerrafondaia e disposta a calpestare chiunque per mantenere i propri stili di vita. “America First” è certamente un programma di ultra destra, che mira a demolire gli standard della democrazia americana e che può portarci sull’orlo di un conflitto di proporzioni mondiali. Nello slogan di Trump c’è una “r” di troppo, si sarebbe dovuto chiamare “America Fist“…
Sabato mattina al teatro Eliseo di Roma abbiamo festeggiato i dieci anni del Partito Democratico. In questa occasione Walter Veltroni è tornato a parlare al proprio popolo, ricordando la genesi del Pd, ma soffermandosi a lungo sul presente che stiamo vivendo. Un tempo che sembra sempre più simile ai primi anni del novecento, quando la crisi economica mise in ginocchio le democrazie, consentendo alle dittature di salire al potere ed indirizzare il mondo verso la shoa e la guerra mondiale. Come fecero i contemporanei di allora a non accorgersi di quello che stava accadendo, a non riuscire a mettere insieme il puzzle della storia, si è chiesto Veltroni dal palco, nel tentativo di puntare un faro sulle tante differenze che separano ancora oggi destra e sinistra. Un tema, quello sul futuro della sinistra, sul quale sono tornati anche il Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e il segretario del Pd Matteo Renzi. Il primo per sostenere che senza il Partito Democratico non avrebbe avuto idea di “come sarebbe sopravissuta una sinistra di governo e una sinistra in generale“; il secondo per osservare come “se non ci fosse stata l’intuizione del Pd, oggi la sinistra in Italia sarebbe irrilevante come lo è in Spagna, Francia, Olanda, Germania e Inghilterra“.
A dieci anni dalla nascita del Pd, una parte della sinistra italiana è ancora in cerca di se stessa, lacerata dalle divisioni e dalle scissioni dell’atomo, che troppo spesso servono soltanto a celare la preoccupazione per il futuro di un pezzo di classe dirigente. Se non fosse così, tutti gli esponenti delle varie sinistre non potrebbero esimersi dall’osservare con preoccupazione la situazione internazionale e i pericoli imminenti per il nostro Paese, qualora finisse nelle mani del populismo e della destra razzista e xenofoba. Se non fosse così, sarebbe facile costruire l’unità con un atto di generosità collettiva, finalizzato a proporre al Paese quello di cui ha bisogno. Una profonda redistribuzione della ricchezza, una minore pressione fiscale, la necessità di semplificare e digitalizzare la pubblica amministrazione e il sistema giudiziario ed infine l’utilità nell’approvare una legge moderna sullo Ius Soli, in grado di includere e al tempo stesso garantire la sicurezza.
La tecnologia ha imposto una svolta paradigmatica epocale e come sostenuto dal filosofo Luciano Floridi, molto probabilmente oggi ci troviamo dinanzi alla “quarta rivoluzione”, analoga a quelle alimentate dal pensiero di Copernico, Darwin e Freud. Stiamo passando da una società materiale ad una immateriale, dove gli oggetti (libri, cd, documenti, denaro) scompaiono, per essere immagazzinati in enormi banche dati, non perdendo tuttavia per questo il proprio valore. E’ l’occasione per ognuno di noi per contribuire a “Costruire il domani“, che è anche il titolo di un bel saggio del deputato Stefano Quintarelli. Rimanendo in tema di consigli in libreria, ho trovato davvero interessante il saggio di Gian Paolo Manzella “L’economia arancione“, storie e politiche della creatività. Sono due libri che vale la pena di leggere, se si vuole avere uno spaccato sulle possibilità che offre il futuro, uscendo dalla retorica che l’innovazione sia per forza una iattura.
Dopo l’annuncio della ricandidatura di Nicola Zingaretti alla Regione Lazio, sabato sera è arrivato quello del M5S, che ha selezionato online la propria candidata. Le primarie virtuali hanno incoronato Roberta Lombardi, che con 2.952 click ha battuto di misura il consigliere regionale uscente Davide Barillari (2.605 click). In totale alle regionarie del movimento di Grillo hanno votato 6.500 anonimi click. Non ci eleggerebbero nemmeno un consigliere regionale alla Pisana, ricordiamocelo prima di trovarci #Raggi2 la vendetta alla guida della Regione Lazio. A Roma intanto prosegue il “Virgina Raggi Show“, con l’assessore Pinuccia Montanari, incapace di far raccogliere i rifiuti dai cassonetti e persino debole di naso, tanto da non sentire la puzza dell’impianto Tmb Salario, ma arzilla nel calunniare in Consiglio Comunale il Pd Roma. Bene ha fatto il vicesegretario romano Giulio Pelonzi a difendere l’azione dei democratici della capitale. Intervento che gli è costato un’ingiustificata ed assurda espulsione dall’aula, comminata dal Presidente del Consiglio Comunale Marcello De Vito, quello che ha la moglie assessore in III municipio e la sorella in procinto di candidarsi alla Regione Lazio (clicca qui). La Ka$ta avrebbero urlato una volta quelli del movimento.
La deriva del movimento grillino sembra ormai irreversibile. In III municipio, ad esempio, la maggioranza ha deciso di non convocare più consigli municipali, in spregio alle norme dello Statuto Comunale e del Regolamento Municipale. La ragione è semplice, piuttosto che andare sotto ad ogni votazione, meglio smettere di far funzionare l’organo democratico eletto dai cittadini e decidere tutto in una giunta di nominati, dove la presidente Roberta Capoccioni, assieme alla moglie del Presidente del Consiglio Comunale, possono fare scelte senza il controllo delle opposizioni. L’unico problema è che non si può fare. Se si sospendono i consigli, i problemi dei cittadini non si affrontano e la democrazia ne esce più debole. Bene hanno fatto tutte le opposizioni unite ad occupare l’aula consiliare la settimana scorsa e bene ha fatto il gruppo del Pd a promuovere la convocazione di un tavolo permanente sull’impianto Tmb Salario. Il primo incontro ci sarà a Piazza Sempione giovedì 19 ottobre alle ore 18 con l’ex Presidente di Ama Daniele Fortini, la deputata Stella Bianchi, il consigliere regionale Fabio Bellini, il consigliere comunale Marco Palumbo e il segretario generale FpCgil Natale di Cola. L’obiettivo è arrivare alla chiusura del Tmb e alla riconversione dell’impianto in accordo con la cittadinanza.
Domenica ho partecipato alla presentazione del programma del Pd e di Athos De Luca, candidato presidente democratico in X Municipio (Ostia). Il 5 novembre si vota e al fianco di Athos c’è una comunità di militanti per lo più fatta di giovanissimi. Ora non vanno lasciati soli. Dobbiamo tutti metterci la faccia e dare una mano, anche semplicemente facendo girare il video del bel intervento di De Luca (clicca qui). Inoltre in quel municipio bisogna contrastare il tentativo di entrare nelle istituzioni di Casapound. C’è quindi anche una questione che riguarda la mobilitazione antifascista. La buona notizia di questa settimana riguarda la targa in memoria di Guido Rattoppatore che finalmente è tornata a casa in via dei Giubbonari. Come Partito Democratico di Roma lo avevamo promesso e il segretario Andrea Casu ci ha lavorato affinchè diventasse realtà. Sono piccoli gesti, come quello di recuperare la sede del Partito Democratico di San Giovanni, per restituirla agli iscritti democratici. O come quello ben più importante del Ministro dell’Interno Marco Minniti di dare indicazioni al Questore di Roma, per non concedere l’autorizzazione alla manifestazione promossa da Forza Nuova il prossimo 28 ottobre. Perchè Roma è e resterà sempre antifascista.
p.s. per chi non avesse seguito l’epilogo dell’esilerante storia della presidente del III Municipio Roberta Capoccioni, indignata per la cancellazione del murales dell’Uomo Ragno al Tufello, opera del famoso writer Virginio Vona, può leggerla in questo link. Come nei gialli vi svelo l’assassino, alla fine la colpevole del misfatto era l’assessore municipale Annalisa Contini.