Fare politica oggi non è semplice. Viviamo in un mondo sempre più veloce e digitale, dove la comunicazione tende a premiare chi sa produrre contenuti brevi, d’impatto, pensati per massimizzare le condivisioni. Il rischio? Che il messaggio politico si riduca all’essenziale, fino a diventare una semplificazione estrema, quasi una banalizzazione.
La comunicazione social ha regole precise: deve essere rapida, quanto un reel; esteticamente curata, perché l’immagine conta più del contenuto; semplice, perché non deve richiedere troppa attenzione. In fondo, un video politico oggi compete con centinaia di altri contenuti più divertenti, emozionanti o provocatori.
Ma così facendo, si sacrifica qualcosa di essenziale: la complessità. E la politica, per sua natura, è complessa. È fatta di passaggi, di mediazioni, di tempi lunghi e riflessioni profonde. È proprio questa articolazione che garantisce la qualità della democrazia: un sistema pensato non per correre, ma per evitare che un solo uomo al comando prenda decisioni rapide e potenzialmente disastrose.
Dopo le dittature del Novecento, si è scelto di dare alla politica una “utilitaria”, non una “Ferrari”, per contenere i rischi di incidenti. Oggi, però, la pressione a “semplificare tutto” rischia di riportarci indietro. I social network non stanno solo cambiando la comunicazione della politica, ma anche i sistemi democratici stessi, che iniziano ad assomigliare sempre più ad autocrazie. Il potere si concentra in poche mani, sia in Oriente che – sempre più spesso – anche in Occidente.
Non voglio sembrare conservatore in questa riflessione. Ma da sociologo della comunicazione, prima ancora che da amministratore con oltre 25 anni di esperienza, sento il dovere di spiegare perché, ogni settimana, scelgo di scrivere un articolo di approfondimento su ciò che accade nella nostra città e nell’amministrazione di cui faccio parte a Roma.
Sarebbe senza dubbio più semplice – e forse anche più gratificante – puntare tutto su brevi video per raccontare i risultati raggiunti. E fanno bene a farlo, ad esempio, il Sindaco di Roma, che però affianca a questa modalità anche un corposo rapporto annuale, interviste, comunicati e interventi pubblici. È la pluralità degli strumenti a garantire la profondità del messaggio. Ma se il video diventa l’unico mezzo di comunicazione politica, rischia di trasformarsi in una semplificazione pericolosa.
Anche io userò i social, certo. Ma non abbandonerò mai la scrittura, il confronto con giornalisti in televisione, o l’incontro diretto con i cittadini nelle assemblee pubbliche. Perché solo così si possono affrontare questioni complesse con rispetto e serietà. Guardarsi negli occhi e confrontarsi senza l’intermediazione di uno schermo è un atto politico, oggi più che mai.
Come potrei, altrimenti, spiegare il lavoro svolto in questi anni per salvare le edicole di Roma? Tutti sono d’accordo nel volerle tutelare, ma trasformare questo consenso in un provvedimento concreto è un’operazione complessa: significa contrastare la crisi strutturale del cartaceo, modificare normative regionali per ampliare l’offerta commerciale, applicare deroghe al nuovo Codice della Strada per evitare chiusure ingiuste, e – dove non sia possibile – prevedere indennizzi per gli edicolanti. Insieme alla consigliera Giulia Tempesta, agli assessori Lucarelli, Patanè e Scozzese, ci abbiamo lavorato per due anni. Proprio questa settimana, la Giunta ha approvato una memoria che traccia la strada per i prossimi passaggi, anche a livello parlamentare, con una proposta di legge nazionale promossa dal Partito Democratico.
E questo è solo un esempio. Come potrei ridurre in pochi secondi il lavoro quotidiano che serve per aggiornare regolamenti comunali vecchi di vent’anni sulle sponsorizzazioni, i centri sportivi municipali, o le occupazioni di suolo pubblico? Come potrei spiegare lo studio che sta dietro una semplice nota alla Soprintendenza per rimuovere un’antenna telefonica dal quartiere del Celio, rispettando vincoli e leggi nazionali? O raccontare le motivazioni che hanno portato all’intitolazione il prossimo 23 aprile a San Saba, in deroga alla normativa nazionale, di un viale a Marisa Rodano, grazie alla mozione che ho presentato e al sostegno del Sindaco Gualtieri e dell’Assessore Smeriglio?
La politica è, per sua natura, complessità. E la capacità di affrontarla, studiarla, risolverla è ciò che dà senso e valore al ruolo dei rappresentanti democratici. Se dimentichiamo questo, rischiamo non solo di perdere il senso della buona politica, ma anche quello – più profondo – della democrazia stessa, che non può e non deve correre alla stessa velocità di un algoritmo.
La libertà, quella vera, richiede tempo. E il tempo, oggi, è un atto rivoluzionario.