La scorsa settimana sono andato al cinema per vedere il film di Paolo Virzì “Siccità”. Una distopia ambientata in una Roma desolata ed assetata, dove la mancanza dell’acqua ha stravolto le abitudini dei cittadini, ampliato le disuguaglianze sociali e dato avvio ad una pandemia più grave di quella del Covid. In questa città infestata dagli scarafaggi, dove il Tevere è diventato una lingua di terra sotto il sole, si muovono personaggi che rappresentano le caricature neanche troppo stereotipate protagoniste della nostra società. All’inizio di questo articolo ho definito questo film una distopia, ovvero la rappresentazione di un mondo indesiderabile e spaventoso. Tuttavia l’universo descritto da Virzì non è assolutamente fantascienza, ma anzi la previsione di un futuro assai probabile.
Proprio nella giornata di sabato, infatti, si è conclusa la plenaria della Cop27, la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022. Da questa assemblea si attendevano proposte e soluzioni concrete per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, così da mitigare e rallentare il riscaldamento globale. Tuttavia si è solo perso altro tempo. I Paesi produttori di petrolio, primi su tutti i sauditi, hanno ottenuto che non si decidesse nulla. Non è stata decisa alcuna soluzione per accelerare una transazione globale verso le energie rinnovabili, abbandonando i combustibili fossili. Siamo già a 1,2 gradi di riscaldamento e secondo l’Emission Gap Report 2022, pubblicato dall’agenzia Onu sull’ambiente, con le politiche attuali e gli impegni fin qui assunti dai governi, non esiste una strada credibile per contenere l’aumento delle temperature entro l’ultima soglia considerata sostenibile dalla scienza, ovvero +1,5 gradi rispetto all’era pre-industriale. Le conseguenze nei prossimi decenni di questo innalzamento globale delle temperature porteranno alla desertificazione di alcune aree della terra, all’aumento dei fenomeni atmosferici estremi e all’innalzamento del limite delle nevi perenni e allo scioglimento dei ghiacciai, che produrrà l’inondazione di molte zone costiere. Questi fenomeni avranno come conseguenza immediata l’aumento esponenziale dei fenomeni migratori, la perdita di colture e di terra emersa in molte zone del pianeta, la messa in crisi dell’attuale sistema economico e sociale. L’Italia sarebbe peraltro uno dei Paesi più colpiti, sia per la sua posizione geografica che per le sue caratteristiche morfologiche. Stiamo parlando di un orizzonte temporale che è la fine di questo secolo. Sicuramente non ci saremo più noi, ma potrebbero esserci i nipoti dei nostri figli.
Sempre nella giornata di sabato si è tenuta l’assemblea nazionale del Partito Democratico di cui faccio parte e che ha avviato la fase congressuale che dovrebbe tenersi nel febbraio del prossimo anno. Nella giornata di domenica alla candidatura di Elly Schlein si è aggiunta quella del governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. Al netto della scelta della leadership, ritengo sia fondamentale che il Partito Democratico caratterizzi la propria identità aggredendo i temi globali che abbiamo dinnanzi a noi. Personalmente mi impegnerò per mettere al primo punto del programma democratico la questione prioritaria della crisi climatica. Dalle politiche di mitigazione e di riparazione dei danni, si deve passare rapidamente a politiche rivoluzionarie in grado di consentirci di ridurre del 50% i nostri consumi di energia nei prossimi 25 anni. Per farlo non sarà sufficiente investire sulle energie rinnovabili e sulla transazione ecologica e digitale. E’ prioritario cambiare la concezione del nostro modo di muoverci. È necessario ridurre le ore di lavoro settimanali, investendo fortemente sul lavoro agile e garantendo al contempo i diritti per le nuove forme di lavoro.
Dobbiamo essere chiari. Affrontare di petto il tema del cambiamento climatico globale significa affrontare la crisi irreversibile del neo capitalismo finanziario. Paesi come la Cina in questi ultimi decenni ci hanno lanciato una sfida insidiosa. Il modello neo capitalista finanziario applicato a forme liberticide e non democratiche risulta assai funzionale. Di conseguenza all’Europa e all’Italia spetta il compito di immaginare un nuovo modello di sviluppo economico e sociale che sappia creare benessere equo e solidale, garantendo al contempo libertà e diritti. La vocazione democratica è tutta in questa sfida epocale ed è inaccettabile che la discussione politica nel nostro Paese continui a fossilizzarsi su argomenti di distrazione di massa quali i rave party o il viaggio a Bali della figlia della premier Meloni. Si torni immediatamente a parlare di politica, avendo il coraggio di affrontare i nodi più gravi che affliggono il nostro pianeta e che sono all’origine dei problemi del nostro Paese. Non c’è più molto tempo, perché anche le distopie cinematografiche ormai assomigliano sempre di più al futuro che ci aspetta.