La crisi aperta da Giuseppe Conte è l’ultimo atto di qualunquismo politico di un movimento che non ce l’ha fatta e che davanti al suo tragico fallimento di governo prova a trascinare con se nel baratro l’Italia intera. Il M5S non esiste già più nei fatti. Non serviva per confermarlo la scissione di Luigi Di Maio o i j’accuse quotidiani di Alessandro Di Battista. Giuseppe Conte e Beppe Grillo rappresentano stancamente un modo di usare la politica che ha fallito producendo di conseguenza un rinnovato aumento dell’astensionismo. Il M5S vorrebbe far finta di non aver governato ogni singolo giorno di questi ultimi quattro anni. Lo ha fatto con la Lega di Matteo Salvini prima, con il centrosinistra poi ed infine anche con il governo di Mario Draghi insieme a Forza Italia. Insomma per tutta la legislatura il M5S avrebbe potuto fare le cose che oggi Giuseppe Conte scrive a Draghi di dover fare. Di più, avrebbe potuto farle Conte direttamente nei suoi due governi. Il tentativo di ricattare il governo e di metterlo in difficoltà nel pieno della crisi politica con la Russia, durante la guerra in Ucraina e nel bel mezzo della gestione delle risorse del PNRR, unica speranza per sostenere un’economia già in recessione, è una mossa che non verrà giudicata soltanto dai contemporanei, ma anche dalla storia.
Un colpo di coda da parte di pochi parlamentari “miracolati”, già certi di non essere più rieletti nemmeno in una piccola amministrazione di Provincia, per certificare un’ultima volta la propria esistenza politica. L’irresponsabilità del M5S non è una novità, ma questa mossa della disperazione in conseguenza dei risultati drammatici ottenuti nelle elezioni di giugno, mette in discussione anche il futuro e questo sarà un danno per il Paese e per le forze moderate. Con una forza politica ridotta così sarà davvero difficile immaginare una qualche forma di alleanza, anche nel giusto tentativo di arginare le destre di Meloni e Salvini. Per questo sono convinto che il Partito Democratico debba avviare una fase costituente con tutte le forze politiche che si riconoscono nei valori repubblicani, nella difesa del lavoro e dei diritti civili, nel posizionamento atlantico e nel rilancio dell’Unione Europea. È fondamentale farlo subito aprendo un dialogo con tutte le forze politiche che vogliano riconoscersi in un progetto alternativo a quello delle destre che strizzano l’occhio a Putin e ai populismi d’oltremanica. Non c’è davvero più tempo.
C’è un evento che arriva puntuale come le Olimpiadi o i mondiali di calcio. È l’arrivo ad un certo punto di Matteo Salvini in Piazza del Campidoglio a Roma. Il 12 luglio scorso era appunto il Salvini-Day. C’era già stato ai tempi di Virginia Raggi il 4 ottobre del 2019. E lo aveva già fatto nei confronti di Ignazio Marino il 25 febbraio del 2015. Ai tempi di Gianni Alemanno invece non si ricordano salite in Campidoglio, forse perché “impegnato” (si fa per dire viste le tante assenze) al Parlamento Europeo. C’è una costante in queste passeggiate romane del leader della Lega Nord. L’assenza delle romane e dei romani. Anche questa volta Salvini era attorniato da un piccolo gruppo di fedelissimi e da qualche giornalista. Insomma la solita boutade per avere qualche titolo sui giornali il giorno dopo e poco altro. Almeno se avesse avvertito lo avremmo accolto per un caffè al bar del Campidoglio. Sarà per la prossima.
In questi ultimi giorni diversi quotidiani romani hanno titolato anche duramente e polemicamente sul provvedimento che adegua il gettone di presenza che attualmente prendiamo come consiglieri comunali di Roma a una indennità onnicomprensiva. Sono gli stessi giornali che qualche anno fa giustamente facevano le inchieste su quei politici che utilizzavano impropriamente i rimborsi ai propri datori di lavoro previsti dagli attuali gettoni di presenza. Proviamo quindi a fare chiarezza e a spiegare perché questo provvedimento renderà certa la spesa del Comune di Roma per i consiglieri comunali. Partiamo dal presupposto necessario. Fare politica e servire le istituzioni non è soltanto un costo come ha raccontato l’anti politica in questi anni. La delibera che diverse forze politiche hanno presentato in consiglio comunale è l’attuazione del decreto legislativo 156/2010, con cui si dà mandato al Ministero dell’Interno di emettere un decreto ministeriale per l’indennità dei consiglieri comunali. Una indennità equivalente al 45% di quella che oggi percepisce il Sindaco. In sostanza, quindi, si eliminano i gettoni di presenza (cumulabili attualmente fino ad un massimo di 22 presenze tra sedute di aula e di commissione), si eliminano i rimborsi alle aziende per cui i consiglieri lavorano (pratica di cui negli anni si è anche abusato, finendo nelle cronache dei giornali e non solo), si favorisce per certi lavoratori dipendenti il regime dell’aspettativa e si inseriscono i contributi previdenziali che fino ad oggi non sono mai stati previsti.
Come ha già scritto la presidente della commissione bilancio Giulia Tempesta in queste ore è un atto che mette nelle condizioni le elette e gli eletti in assemblea capitolina di svolgere a pieno il proprio mandato, ma soprattutto consente finalmente a Roma Capitale di avere certezza di quanto spende l’ente, non dovendo dipendere, la spesa, dai contributi che bisogna versare alle aziende, in base all’inquadramento professionale che il singolo consigliere ha nel suo luogo di lavoro. In pratica significa che alcuni consiglieri comunali prenderanno meno di quanto percepiscono oggi grazie al cumulo di gettoni e rimborsi, perché tutti prenderanno la stessa cifra. Il vero tema tuttavia é che finalmente gli eletti potranno fare i consiglieri comunali a tempo pieno. Con il regime dei gettoni di presenza e dei permessi dal lavoro questo invece non era possibile. La decisione di passare al regime delle indennità è soprattutto questo, una scelta di serietà e trasparenza.
Non è quindi affatto vero che i consiglieri comunali si stiano raddoppiando lo stipendio. Al contrario avranno un’indennità fissa come già hanno gli assessori. Si risparmierà al contrario sui rimborsi elargiti ai datori di lavoro pubblici e privati per le ore che i consiglieri passano nei consigli e nelle commissioni. Rimborsi che come detto possono variare da lavoro a lavoro e che spesso sono anche molto elevati. Dico di più, bisognerà lavorare per il prossimo futuro per fare la stessa cosa anche per i consiglieri dei municipi, che sono il primo front office dei cittadini. Sono donne e uomini che amministrano città grandi come Bologna e meritano rispetto per il lavoro che svolgono. Sui costi della politica si è sbagliato molto in questi anni seguendo il vento del populismo. È arrivato il momento di affrontare questi argomenti con la serietà che serve se si vuole avere una politica in grado di risolvere i grandi problemi che abbiamo dinnanzi.
Voglio ringraziare chi è venuto ad ascoltare l’iniziativa con cui venerdì ho avuto l’onore di aprire la Festa dell’Unità di Roma, che si sta tenendo a Caracalla fino al 31 luglio. Aprire le Agorà alla Festa de L’Unità di Roma a Caracalla è stata una grandissima emozione. Insieme con Andrea Casu, Alessandro Sterpa, Antonella Melito, Andrea Catarci e Francesca Del Bello abbiamo parlato della Riforma costituzionale di Roma Capitale e del futuro del decentramento amministrativo della capitale. Ci si vede li!