Buon 25 aprile! Questa mattina, come faccio ormai da qualche anno, sarò a Montesacro in III municipio per il tradizionale percorso tra le lapidi di via Maiella, viale Adriatico nella palestra dedicata a Ferdinando Agnini e via Scarpanto nel cuore del Tufello. Il 25 aprile si celebra la festa della libertà e della resistenza contro il fascismo e contro tutte le tirannie di ieri, oggi e domani. Quest’anno tuttavia le parole resistenza e liberazione ci obbligano a fare i conti con quanto accade in Ucraina da ormai due mesi, mettendolo in relazione con la primavera del 1945. Ho letto in queste settimane troppi tentativi di equilibrismo politico da parte di chi vorrebbe cancellare le paure di un conflitto globale a spese dell’integrità di altri popoli. In Italia c’è persino chi teorizza che Putin abbia una qualche ragione nell’invadere l’Ucraina, in quanto starebbe proteggendo (dall’Europa?) i propri confini nazionali. C’è chi poi ha deciso di volgere lo sguardo dall’altra parte, perché teme di dover rinunciare alle comodità del nostro stile di vita e chi teorizza persino che non bisognerebbe fornire armi ed aiuti all’Ucraina per contribuire alla loro strenue resistenza, abbandonandoli al loro destino.
Sono profondamente colpito dalla difficoltà di alcuni di non riuscire a riconoscere nella resistenza del popolo ucraino contro l’aggressione russa, gli stessi anticorpi di chi ha combattuto il nazi fascismo ancor prima dell’arrivo degli alleati. Nella guerra di oggi c’è un invasore e un invaso, una vittima e un carnefice. Esattamente come nella guerra di ieri, dove la resistenza italiana non fu soltanto un nucleo spontaneo di opposizione armata e organizzata in un movimento di resistenza e liberazione, ma rappresentò anche la fonte nazionale di legittimazione politica di tutta la costruzione democratica del dopoguerra. Senza la resistenza, forse saremmo stati liberati lo stesso dagli alleati, ma quella libertà sarebbe stata molto meno nostra. E tutti sappiamo per esperienza degli ultimi decenni, quanto sia difficile provare ad esportare la democrazia in un Paese che non abbia compiuto i necessari passi per accoglierla. La nostra resistenza ci ha dato il diritto di vivere pienamente e legittimamente la libertà riconquistata, grazie al sacrificio di donne e uomini che sono morti per riportare la democrazia nel nostro Paese.
Il periodo che stiamo vivendo è di quelli drammatici. Proprio ieri nelle elezioni presidenziali francesi ha vinto Emmanuel Macron. Questa è una buona notizia per l’Unione Europea e rappresenta un’altra possibilità per le democrazie per sconfiggere quei populismi che spesso si trasformano in totalitarismi. Tuttavia le nostre democrazie vivono uno stato di salute non buono. Mi sembra di veder sempre di più in Occidente una preoccupante indifferenza per la democrazia, considerata non come un valore da difendere quotidianamente, ma come una truffa permanente, troppo spesso messa sullo stesso piano dell’autoritarismo dispotico, del sovranismo nazionalista e del neo-imperialismo.
Siamo invece di fronte ad una nuova stagione di resistenza globale, che noi per ora non siamo ancora chiamati a dover interpretare con le armi per fortuna, ma dalla quale dipenderà il nostro futuro. Siamo disposti a lottare, fare sacrifici, cambiare le nostre abitudini da viziati cittadini dell’Occidente per difendere valori come l’autodeterminazione dei popoli, il ripristino di un codice riconosciuto di regolazione dei conflitti, il rispetto della sovranità degli Stati, l’obbligo di solidarietà con i più deboli ingiustamente colpiti, la difesa della vita umana travolta dalla strategia di morte della guerra? È inaccettabile il cinismo di chi chiede agli ucraini di arrendersi senza difendere le proprie famiglie e le proprie case. Sarebbe stato come chiedere agli ebrei di salire in fretta sui treni diretti verso i campi dì concentramento per abbreviare la nostra agonia nel vederli deportati sotto i nostri occhi.
L’atteggiamento di chi oggi fatica a scegliere una parte è però ben più grave che in passato. Oggi siamo informati di molte cose. Vediamo con i nostri occhi le immagini dei bombardamenti e dei massacri, ascoltiamo i resoconti quotidiani di quello che sta accadendo sul campo di battaglia. Siamo lontani fisicamente dalla prima linea, ma siamo virtualmente lì ogni giorno e siamo chiamati ad occuparci dell’accoglienza di chi è stato cacciato dalle proprie case ed è stato costretto con la forza ad interrompere le proprie vite. Fino a due mesi fa gli ucraini vivevano le proprie vite esattamente come facciamo noi ogni giorno. Poi di colpo la guerra ha fatto irruzione nelle vite di tutti. Può succedere anche in Europa. Anche qui in Italia. Può succedere in un attimo se non saremo in grado di recuperare lo spirito autentico della resistenza partigiana. Quel messaggio universale contenuto nel canto “Bella Ciao”, che ci ricorda la semplicità radicale di un assoluto: l’opposizione e la lotta contro il sopruso dell’occupazione straniera e l’abuso di un potere dispotico ai danni della libertà.
Che ognuno di noi sappia recuperare lo spirito autentico del 25 aprile ogni giorno e in ogni luogo.