L’aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina ha evidenziato in maniera drammatica la dipendenza energica dell’Europa e in particolare dell’Italia dal gas russo. Nel 2021 infatti l’Italia ha importato 30 miliardi di metri cubi di gas dalla Russia sui 70 miliardi totali di fabbisogno. Le sanzioni internazionali imposte dall’Occidente a Putin, di conseguenza, ci colpiranno in modo profondo e ci costringeranno per un periodo di tempo a cambiare le nostre abitudini. Ci sono alcune azioni che andranno fatte subito, fin dalle prossime settimane. L’abbassamento di almeno un paio di gradi del riscaldamento e un anticipo temporale sullo spegnimento dei riscaldamenti negli edifici pubblici e privati. Su questo tema Roma Capitale si sta già muovendo e nei prossimi giorni arriveranno le decisioni del Campidoglio per affrontare una riduzione dei consumi energetici, fondamentale per prepararci al prossimo inverno. Tuttavia alcune azioni spetteranno ad ognuno di noi. Dovremo essere capaci di usare meno corrente elettrica ed essere più parsimoniosi nell’uso dell’acqua calda, soprattutto per le docce. Sono azioni immediate che vanno messe in campo già da oggi. Tuttavia questi accorgimenti sono fondamentali, ma non saranno sufficienti.
C’è assolutamente bisogno di una nuova politica energetica che punti al raggiungimento dell’autosufficienza per il 2050. Il fabbisogno energetico totale del nostro paese oggi è stimato in 315 terawhatt, ma la previsione è che nel 2050 possa raggiungere il valore annuale di 730 TWh, circa il 230% di quella attuale. L’Italia, come del resto l’Europa, ha poco petrolio e gas, mentre dai noi il nucleare è stato abbandonato 30 anni fa ed oggi economicamente non è più conveniente. Di conseguenza per soddisfare l’intera domanda energetica nazionale bisognerà innanzitutto costruire un’enorme quantità di turbine eoliche e pannelli solari. Secondo diversi studi i parchi eolici occuperebbero solo il 2.94% del territorio nazionale e potrebbero produrre il 37% del nostro fabbisogno interno, mentre per quanto riguarda i moduli fotovoltaici, un report rilasciato nel 2002 dall’International Energy Agency mostrava come sfruttando le superfici esterne degli edifici allora esistenti si sarebbe potuto generare almeno il 50% dell’energia di cui avremo bisogno. Soprattutto sfruttando la tecnica edilizia del fotovoltaico architettonicamente integrato. Turbine eoliche e pannelli solari potrebbero quindi coprire l’87% dell’energia di cui avremo bisogno da qui fino al 2050. Un’altra parte dell’energia di cui necessitiamo arriverebbe dalle attuali centrali idroelettriche e dagli impianti geotermici. Se fosse tutto così semplice, starete pensando, perché non abbiamo ancora raggiunto l’autosufficienza? La risposta sta nel vero problema delle energie pulite e rinnovabili, ovvero la loro variabilità.
È sufficiente un dato. La zona che in assoluto ha investito di più nel fotovoltaico è quella che in assoluto rende di meno, ossia il nord. Per contro il sud ha investito massicciamente nell’eolico, la cui produzione appare complementare con la produzione da fotovoltaico: i picchi dell’uno corrispondono ai momenti bassi dell’altro. Questo vale anche per la domanda di energia che varia molto durante l’arco della giornata e da stagione a stagione. Allo stesso modo la produzione di energia rinnovabile varia e dipende dall’intensità dei fenomeni che la generano. Esistono lassi di tempo più o meno lunghi, ad esempio, in cui l’azione combinata di vento e sole non è sufficiente per produrre l’energia richiesta dai bisogni della popolazione. In questi periodi è quindi necessario avere a disposizione dell’energia che è stata messa da parte durante i periodi più produttivi e che deve essere conservata per i periodi di magra. In sostanza bisogna lavorare come le formiche e fare scorta di energia per quando questa scarseggerà. Ma questo non basta. L’energia in eccesso deve trovare uno sbocco verso tecnologie molto sofisticate e ancora in fase di sviluppo, quali l’energia del moto ondoso, quella delle maree e la produzione del cosiddetto bioidrogeno, un composto ricavato da acqua, amidi, cellulosa ed energia elettrica, che esattamente come un combustibile fossile può essere conservato e trasportato materialmente, per poi essere convertito in elettricità quando e dove se ne ha bisogno. Oltre a produrre energia e a conservarla, quindi, bisogna investire sulla ricerca.
Su questi temi ci sono numerosi studi. Se avete seguito il ragionamento, avrete certamente capito come la parte più rilevante della spesa sia rappresentata dalle tecnologie di accumulo, che ogni anno richiedono investimenti sempre maggiori. Altra parte dei costi gravano sulla spesa per l’installazione dei generatori eolici e dei moduli fotovoltaici. Stiamo parlando di un costo complessivo stimato di circa 1.000 miliardi di euro da qui al 2050. Una cifra che potrebbe sembrare a prima vista elevatissima, ma che invece produrrebbe un risparmio davvero rilevante se confrontata con i 1.600 miliardi che saremo comunque costretti a spendere nei prossimi anni per l’acquisto di energia da paesi terzi, qualora non puntassimo tutto sulle energie rinnovabili. Non è soltanto una questione di miglioramento della qualità dell’ambiente e di salvaguardia del pianeta. E non è nemmeno una questione di mero sviluppo economico, seppur la transizione energetica produrrebbe migliaia di nuovi posti di lavoro. È al contrario una questione di politica mondiale, in grado di impattare sulla nostra autonomia politica ed economica da Russia, Stati Uniti e Paesi arabi. Quando si chiede giustamente all’Europa e all’Italia di avere una propria politica autonoma sullo scacchiere mondiale, non si può che cominciare dall’autosufficienza energetica, che è il primo pilastro per essere liberi di decidere del nostro futuro.