Sono profondamente offeso per le parole riportate su La Repubblica e attribuite ad Antonia De Mita, figlia dell’ex premier Ciriaco e zia di uno dei probabili partecipanti allo stupro di capodanno. La donna per tratteggiare le buone referenze del nipote, accusato di un reato gravissimo, sostiene che non sia cresciuto al Tufello. Sono costretto a riportare un breve stralcio di queste parole: “non è che Simone è cresciuto al Tufello. È un ragazzo molto intelligente. Siamo una famiglia all’antica, di quelle che si riunisce a tavola con il nonno”. Si potrebbe continuare, ma la rabbia è talmente grande che voglio fermarmi a queste poche righe già abbastanza sconcertanti.
Sono cresciuto al Tufello in III Municipio e qui ho vissuto i primi vent’anni della mia vita. La scuola, i primi calci al pallone nei cortili interni delle case popolari del quartiere Mezzaluna sotto lo sguardo vigile dei miei nonni, l’esperienza straordinaria del centro socio culturale Defrag in via delle Isole Curzolane, la militanza giovanile nella storica sezione dei Democratici di Sinistra di via Capraia, l’impegno nel giornale locale del quartiere e poi l’inizio dell’esperienza amministrativa nel palazzo del III Municipio di via Monte Rocchetta.
Metà della mia vita l’ho passata fra quelle strade dove è cresciuta la mia famiglia, insieme ad una comunità di persone che mi hanno insegnato tantissimo, compresi tutti i valori che fanno di me la persona che sono. Al Tufello ho trascorso gli anni più intensi della mia formazione giovanile. Vederlo denigrato per giustificare un’azione individuale infame come uno stupro non è soltanto inaccettabile, ma offensivo. Queste parole non si possono giustificare nemmeno se pronunciate da una madre o da una zia che è sicuramene disperata per il possibile destino del proprio figlio. I valori e le azioni non c’entrano proprio nulla con il quartiere in cui si vive. Le azioni di ognuno di noi sono responsabilità prima di tutto personale e anche se sicuramente si potrebbe infierire sulle ragioni che possono aver condotto a comportamenti che se confermati sarebbero davvero mostruosi, quello che mi interessa in questo momento è salvaguardare l’onore di una comunità di persone che non merita di essere offesa ed utilizzata strumentalmente sui giornali.
Mi associo con convinzione, di conseguenza, alle parole del Presidente del III Municipio Paolo Emilio Marchionne con il quale abbiamo condiviso buona parte della nostra giovinezza, nel pretendere le scuse pubbliche per quanto affermato sulla nostra comunità.
Avrei voluto parlare di tante altre cose accadute questa settimana. Del milione di euro stanziato nel documento unico di programmazione al bilancio di Roma Capitale per dare a Roma un milione di alberi (clicca qui). Dell’audizione del Sindaco Roberto Gualtieri alla Camera dei Deputati sul futuro di Roma, basata sull’idea di un regime differenziato per la città che favorisca un pieno adempimento delle funzioni di Capitale e solleciti al tempo stesso qualità dell’azione amministrativa e dei servizi che Roma offre alla collettività nazionale (clicca qui). Dei sacrosanti sgomberi dei locali occupati da Casapound e della solidarietà alle forze dell’ordine aggredite da un manipolo di persone travisate, che si opponevano al ripristino della legalità nella nostra città (clicca qui). Vi rimando ai collegamenti al mio sito per approfondire queste tematiche.
Questo lunedì consentitemi di volerlo dedicare principalmente al quartiere nel quale sono nato. Per difendere quella comunità di persone con le quali sono cresciuto e che mi hanno sempre sostenuto in questi anni, proprio perché qualcuno dal Consiglio Comunale di Roma potesse far sentire la loro voce.