Sabato notte insieme con gli amici del gruppo dirigente del Partito Democratico di Roma abbiamo dato vita alla seconda notte bianca della Liberazione, che è possibile rivedere integralmente sulla pagina Facebook del PD di Roma. Per il secondo anno consecutivo abbiamo festeggiato l’arrivo del 25 aprile con decine di interventi, che in una diretta di oltre quattro ore ci hanno accompagnato verso la giornata politicamente più significativa dell’anno. Una giornata ricca di iniziative in tutta la città di Roma. In questa grande maratona social ho avuto la possibilità di rappresentare il III Municipio, il mio territorio di origine e nel quale ho vissuto per quarant’anni. Avrei potuto parlare di tante storie della resistenza di Montesacro. Ho scelto di raccontare quella di “uno dei tanti”, la storia di Orlando Orlando Posti, celebrata dal libro di Edgarda Ferri e riportata anche nel libro “La Storia di Montesacro” di Sara Fabrizi.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre e la fuga del Re a Brindisi, al fianco di quello che resta dell’esercito italiano si schiera la popolazione romana, che combatte per tre giorni contro le armate tedesche a Porta San Paolo. Poi la battaglia si sposta nei dintorni di Ponte Salario ai Prati Fiscali, quello che oggi è l’ingresso del III Municipio di Roma. I tedeschi hanno i mitra e sparano dai due lati del fiume per avanzare. Dall’altra parte ci sono Ennio Petrignani e Nicola Rainelli, due studenti di Montesacro armati di moschetto. All’improvviso in battaglia si getta un altro ragazzo alto e bruno che non conoscono. Corre con coraggio incontro agli spari, corre verso il nemico. È Orlando Orlandi Posti, studente diciassettenne alle scuole magistrali. La battaglia infuria fino a che le pallottole non finiscono per tutti, sia per i nazisti che per i nostri. La sera Orlando torna a casa della madre in via Monte Nevoso 14. Si è guadagnato sul campo l’entrata nella Resistenza.
A Montesacro già operano due diversi gruppi antifascisti. Da un lato la vecchia guardia, uomini aderenti al Partito Comunista clandestino come l’anarchico Riziero Fantini, il trasteverino Mario Menichetti, che ha subito il confino a Ustica con Antonio Gramsci, c’è Antonio Feurra che ha un banco di frutta e verdura e nasconde le armi nel suo carretto e Italo Grimaldi, che fa il macellaio a Montesacro e aiuta chi ha bisogno. Dall’altro ci sono gli studenti liceali del Quinto Orazio Flacco di Viale Adriatico 136 ed ex studenti ormai universitari iscritti a medicina come Ferdinando Agnini. Il ritrovo dei più giovani è il Bell’Orizzonte, una spiaggia di fiume vicino al vecchio Ponte Nomentano, dove vanno a nuotare. Si danno anche un nome di battaglia “i caimani di Bell’Orizzonte” e vanno spesso al Bar Bonelli di Piazza Sempione, dove oggi c’è la Pasticceria l’Angolo Russo. È il gruppo di giovani di cui fa parte Orlando e si occupa di nascondere e trasportare armi, organizzare manifestazioni universitarie, seminare chiodi sulle strade, interrompere linee telefoniche e colpire gerarchi nazi-fascisti.
I ragazzi di Montesacro diventano presto una spina nel fianco. Per questo i nazisti ricorrono a spie e delatori per scovarli. Ed è proprio grazie ad una di queste spie che i nazisti progettano un rastrellamento mirato. All’alba del 3 febbraio del 1944, un’automobile delle SS si aggira per Montesacro: ci sarà una retata. Le SS bloccano gli accessi del quartiere e vanno di casa in casa. Ma c’è qualcuno più veloce di loro. Orlando li ha visti arrivare. Non ci pensa nemmeno a mettersi in salvo. Al contrario si mette a correre. Ha le gambe veloci Orlando. Passa in via Tomatico per avvisare Ferdinando Agnini suo vicino di casa. Poi è la volta di Franco Caccamo in via Peralba 5. Corre lungo via delle Alpi Apuane dove abita il compagno Roberto Croce. Prosegue su viale Carnaro dove c’è Emilio Palombo. Arriva a via Monte Cristo a casa di Luciano Celli. Celli e Nicola Rainelli trovano rifugio nella chiesa degli Angeli Custodi a piazza Sempione, dove il vice parroco don Fiorello Piersanti li nasconde sul tetto della Chiesa. L’ultimo ad essere avvisato, quello che abita più lontano, è Ennio Petrignani. Orlando lo raggiunge con più fatica correndo su via Montebianco che è una strada in salita. Qui insieme nascondono armi e munizioni in un sottoscala.
Orlando ha avvertito tutti. Adesso dovrebbe scappare come gli altri. Ma non può. Non ci riesce. Deve prima salutare per l’ultima volta Marcella, la figlia del proprietario del Bar Bonelli di Piazza Sempione di cui è segretamente innamorato. Ed è proprio qui che viene arrestato dalle SS, che lo portano nel carcere di via Tasso. Qui viene torturato per 50 giorni. Ma non rivela nulla. Riesce a scrivere poche lettere indirizzate a Marcella. Nell’ultima, prima di essere giustiziato alle Fosse Ardeatine, Orlando rivela il proprio amore e spiega a Marcella di averlo tenuto segreto perché lui, orfano e povero, non si sarebbe sentito degno finché non avesse raggiunto una situazione più stabile. “Fino a che non avessi avuto aperta la via di un avvenire sicuro” scrive letteralmente. Quell’avvenire sicuro che il sacrifico di uomini e donne come lui ci hanno donato.