Ci stiamo pericolosamente abituando all’orrore. Alle notizie che ci raccontano di sgozzamenti ed uccisioni in strada, come in questi ultimi giorni in Francia. Abbiamo perso il conto dei morti in mare. Uomini, donne e bambini che affrontano un viaggio disperato verso l’Europa, semplicemente perchè vorrebbero vivere una vita dignitosa. Quella vita che molti di noi danno per scontata, soltanto per aver avuto la fortuna di nascere in un paese libero e con maggiori opportunità. Siamo vincitori di un biglietto alla lotteria della vita e troppo spesso ce lo dimentichiamo, additando come diversi quelli che sono più in difficoltà. Avviene in Europa con le forze populiste e xenofobe, che cavalcano la paura e la crisi economica, come negli Stati Uniti di Donald Trump. In America, al posto dei barconi c’è la “bestia“. E’ il treno merci che valica il confine tra Messico e Stati Uniti, un treno a cui migliaia di disperati si aggrappano per poter passare la frontiera. Stipati sul tetto del convoglio o negli angusti spazi esterni fra un vagone e l’altro, ogni anno 250 mila persone cavalcano letteralmente il treno in bilico fra la vita e la morte. Un treno che miete vittime e feriti, sul quale si rischia la vita per cercare la libertà. Ci sono vite così. Vite che disturbano la narrazione dei leader populisti, spesso uomini arricchitisi proprio grazie alle disuguaglianze sociali, le cui uniche risposte alla povertà e alla disperazione globale, sono la riproposizione dei muri o del protezionismo economico. Spesso ho provato ad immaginare come fosse stato possibile, durante le dittature del novecento, che nessuno si fosse ribellato alle leggi razziali, alle deportazioni, ai campi di sterminio e ai gulag. Si può immaginare o sperare che in pochi sapessero. Tuttavia oggi siamo molto più colpevoli di ieri, perchè tutti siamo a conoscenza di quello che sta succedendo e molti scelgono consapevolmente di girarsi dall’altra parte.
E’ come se una nuova “internazionale autoritaria” fosse sempre più in grado di determinare i discorsi dell’opinione pubblica, sobillata attraverso i social network, dove si parla di tutto senza approfondire nulla. La conseguenza è che i problemi si moltiplicano, mentre scompaiono le possibile soluzioni. I pochi caratteri di un tweet parlano sempre alla pancia delle persone, ma i problemi della società si risolvono usando la testa e programmando politiche sociali ed economiche più eque. Per dirla con le parole di Jurgen Habermas è “andata in crisi l’idea che il sogno americano si potesse consolidare su scale globale“. La destra populista lo ha capito ed ha riproposto una ricetta antica, che ha però già fallito nel recente passato. L’isolamento nazionale e il protezionismo economico viene venduto come l’ultimo baluardo per mobilitare gli insoddisfatti e gli svantaggiati. Come se chiudere le porte, tagliare i ponti, distruggere i mercati globalizzati e sfaldare l’Unione Europea, potesse portare automaticamente ad una più equa redistribuzione della ricchezza.
La risposta delle forze democratiche e progressiste dovrebbe essere più efficace e coraggiosa. Si combatte la disuguaglianza sociale non rinchiudendosi nei propri recinti, ma restituendo alla politica la forza per regolamentare i mercati. Ad essere andata in crisi è l’idea che i mercati finanziari si sarebbero potuti regolare da soli. Questo non è avvenuto e non avverrà. Quello che serve, viceversa, è una forte cooperazione sovranazionale, legittimata direttamente dai cittadini, in grado di arginare l’eccessivo potere della finanza e di elaborare politiche di crescita e non soltanto di mera austerità. In sostanza bisogna tornare a riempire di significati concreti le parole “libertà” e “uguaglianza“, facendole viaggiare insieme. E’ la sfida delle moderne forze democratiche, che devono dare risposta sul come si controllano i processi economici e tecnologici per favorire il benessere collettivo.
Domani 21 marzo si celebrerà la Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Dal 1996 ad oggi questa giornata è sempre stata promossa dall’Associazione Libera, sotto l’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica e in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Da quest’anno, però, finalmente il 21 marzo è diventato ufficialmente una ricorrenza dello Stato, grazie all’approvazione di una legge (clicca qui) attesa da ben sei legislature. E’ una vittoria di Libera, delle tante associazioni che in questi anni hanno moltiplicato gli eventi e soprattutto per i tantissimi familiari delle vittime innocenti delle mafie. Domani saranno in calendario molte iniziative in tutto il Paese (clicca qui). A Roma il forum legalità del Partito Democratico ha promosso un incontro alle ore 18.00, che si terrà alla Sala Salvatori della Camera dei Deputati (Via uffici del Vicario 21) al quale parteciperanno deputati e senatori democratici (Walter Verini, Stella Bianchi, Ernesto Carbone, David Ermini, Stefano Esposito e Claudio Moscardelli). La lotta alla mafia riguarda tutti, nessuno può sentirsi assolto o chiamarsene fuori. Lo ha detto giustamente il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a Locri, dove in seguito alla sua visita di ieri, sono apparse scritte contro Don Ciotti e la polizia di Stato. L’istituzione di giornate e l’organizzazione di iniziative ed eventi sono utili a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla conseguenze della criminalità organizzata. Tuttavia è necessario l’impegno di tutti nel denunciare illeciti e comportamenti omertosi e mafiosi. Serve il coraggio che nasce dalla volontà di lasciare ai nostri figli una società migliore di quella che abbiamo ereditato dai nostri padri.
In queste settimane il Partito Democratico è impegnato nel congresso nazionale, che si concluderà con le primarie aperte a tutti il 30 aprile. In questi ultimi giorni, tuttavia, c’è stato un errore politico molto grave. L’aver concesso libertà di voto ai parlamentari democratici sulla decadenza del senatore Augusto Minzolini rappresenta un danno per il Partito Democratico e tutti i suoi elettori. E’ un danno per il Paese. Grazie al voto di alcuni parlamentari, si è data la netta sensazione che una parte della casta sia tornata a mettersi al di sopra della legge, che quindi non è più uguale per tutti. E poco importa se qualcuno dei parlamentari si difenda, dicendo che il voto del Senato rappresenta una funzione di controllo di ultima istanza, rispetto alla sentenza passata in giudicato. Oltre al danno, poi, ci sarebbe anche la beffa qualora Minzolini confermasse la volontà di dimettersi. Voglio essere chiaro.
Non ho mai creduto al patto del Nazareno e sono convinto non ci sia stato alcun accordo sotterraneo con Forza Italia sulla mozione di sfiducia al ministro Luca Lotti. Questa mia convinzione, tuttavia, rende la vicenda ancora più grave. Perchè mi fa pensare che senza Matteo Renzi a presiedere il governo e con il congresso in corso, una parte dei parlamentari democratici possa sentirsi libera di agire, senza preoccuparsi delle conseguenze per il proprio partito. Nel dibattito congressuale si dovrebbe parlare anche di questo, di come legare l’attività degli eletti alle indicazioni che provengono dai gruppi dirigenti eletti dai territori. Se il Pd non si ricostruisce con l’idea che la propria comunità debba contare di più della volontà dei singoli eletti, sarà davvero difficile essere credibili.
Soprattutto perchè errori di questo tipo, servono soltanto a dare fiato ad un M5S sempre pià asfittico, dove chi non è d’accordo con il capò Beppe Grillo viene defenestrato, anche se ha vinto le primarie sul sacro blog. Blog che non è di Grillo quando c’è da rispondere ad una querela, ma che esegue le decisioni del capo se c’è da far fuori qualcuno a lui non gradito, come la candidata a sindaco di Genova. Ormai è evidente che dell’uno vale uno, sia rimasto soltanto il tutti dietro a uno. Per molti acritici del movimento non è un problema, ma tanti cittadini onesti, che ci avevano creduto in buona fede, se ne stanno invece accorgendo. Queste persone vogliono vedere concretamente il cambiamento del Partito Democratico. Nei nomi e soprattutto nei metodi. Guardano a noi come la forza in grado di governare il Paese con serietà, onestà e preparazione. Quella che a Roma ormai non esiste più.
Proprio in questi giorni in III municipio la presidente Roberta Capoccioni si è presentata nell’aula consiliare di Piazza Sempione per relazionare sui primi sei mesi della sua amministrazione. Ha parlato per tre ore, facendo finta di niente sul fatto di non aver votato il documento di bilancio, aver cambiato già due assessori ed aver dissolto la propria maggioranza, arrivata persino alle denunce. Un vuoto pneumatico certificato dall’assenza della cittadinanza, che ormai lascia che gli attacchi alla maggioranza pentastellata arrivino direttamente dagli attivisti della prima ora, quelli a cui Grillo e la Raggi hanno tolto la facoltà di parlare e di decidere alcunché. Insieme alla consigliera municipale Francesca Leoncini abbiamo ricordato come gli unici fatti concreti della relazione della Presidente siano i cantieri avviati in sei plessi scolastici, grazie all’amministrazione precedente e finanziati dalla Regione Lazio e quelli di riqualificazione del mercato di Piazza Menenio Agrippa. Più lunga la collezione di mancate risposte sulla manutenzione delle strade e del verde, dove assessori e consiglieri rimpallano agli uffici le responsabilità dei mancati interventi. Nessuna notizia sulla chiusura del Tmb Ama Salario, ormai derubricato ad argomento minore da mettere in secondo piano rispetto alle foto di alberi finemente scolpiti e furgoncini mal parcheggiati, pubblicate ogni giorno dagli esponenti della maggioranza. Per non parlare dei tagli ai servizi sociali, che mettono a repentaglio l’assistenza a disabili e anziani. Capoccioni di nome e di fatto. Insomma la maggioranza pentastellata del III municipio assomiglia sempre di più a quelle squadre di calcio, che stanno perdendo 4-0 e decidono di far girare la palla in difesa, nell’attesa del fischio finale da parte dell’arbitro.

C’è da augurarsi che l’amministrazione si chiuda presto, anche perchè è proprio di questa mattina la notizia data dalla giornalista Luciana Miocchi (clicca qui) dell’istituzione sulla via Salaria, da via dei Prati Fiscali a Castel Giubileo, del limite di velocità a 30 km orari. Per giustificare il ridicolo provvedimento, sotto ai cartelli c’è la scritta “strada dissestata“. In pratica la Raggi e la Capoccioni, non essendo in grado di ripristinare il manto stradale di via Salaria, una delle consolari più importanti di Roma, hanno istituito un limite di velocità da stradina di campagna, così da poter fare cassa con le multe degli autovelox ed evitare di dover pagare i danni di eventuali incidenti, causati dalle buche. A Roma si direbbe una bella paraculata. Un bel regalo anche per la prostituzione su strada. Sarà più semplice per i clienti poter scegliere, essendo persino obbligati ad andare ad un’andatura così ridotta… Per gli automobilisti rimarra l’ebrezza di poter accellerare sulle rampe di Fidene e Villa Spada, dove il limite di velocità è invece rimasto invariato a 40 km orari. Un provvedimento questo sul quale stiamo già promuovendo una raccolta firme e sul quale eserciteremo tutte le azioni politiche e legali del caso.
p.s. chiudo con la lettera di auguri di Francesco Totti a Carletto Mazzone. Dategli un’occhiata, perchè fa capire bene cosa voglia dire aver avuto buoni maestri ed esempi da seguire. Quello che oggi ci manca da morire.