Lo scorso 25 novembre si è celebrata in tutto il mondo la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, una ricorrenza istituita dall’Assemblea delle Nazioni Unite. Nel nostro Paese si sono tenute numerose iniziative istituzionali e civiche, flashmob, presìdi, campagne social e assemblee virtuali. Voglio citarne soltanto un paio. Quella del Partito Democratico che ha lanciato la campagna social “Non dipende da lei. Dipende da noi”. E la maratona online promossa dalla Presidente della Commissione Pari Opportunità della Regione Lazio Eleonora Mattia dal titolo “We run the world. Le voci e i talenti delle donne”, i cui interventi vi invito caldamente a vedere sui social (clicca qui). È fondamentale una mobilitazione globale e per la verità servirebbe tutti i giorni, visto che i dati sono agghiaccianti. Nell’anno della pandemia in cui diminuiscono gli omicidi, i femminicidi continuano a crescere: triplicati nei giorni del lockdown. Nei primi dieci mesi del 2020 sono state 96 le donne vittime di femminicidio. I numeri ufficiali della polizia raccontano come il 75% delle vittime dei delitti compiuti in famiglia sia composto da ragazze, mogli ed ex fidanzate. Agli omicidi per mano maschile vanno aggiunti i casi di violenza psicologica, i maltrattamenti, lo stalking, le molestie e le violenze sessuali. Secondo l’Istat, in Italia il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita, stiamo quindi parlando di 7 milioni di donne vittime di aggressioni fisiche, molestie, stupri da parte di uomini appartenenti perlopiù alla cerchia familiare o amicale. E questi sono i numeri dei dati che emergono dalle statistiche ufficiali, che non tengono conto di tutto quello che non viene denunciato alle forze dell’ordine.
Dai freddi numeri, mi sono imbattuto nella storia di cronaca delle tre sorelle russe Khachaturyan, che poco più di due anni fa hanno ucciso il proprio padre-padrone che da anni le sottoponeva, secondo il loro racconto, a incredibili violenze fisiche e sessuali. Kristina, Angelina e Maria all’epoca 19, 18 e 17 anni, hanno colpito il padre con decine di coltellate. Poche ore prima della sua morte, il padre delle tre giovani era tornato da una clinica psichiatrica e aveva torturato, come faceva ogni giorno, le sue tre figlie, usando contro di loro uno spray urticante e minacciandole con un coltello. L’uomo, un eroinomane legato alla mafia russa, le violentava, ne controllava i movimenti con un sistema di videosorveglianza e impediva loro di andare a scuola. Le umiliazioni e le violenze erano sia psicologiche che fisiche. Quest’uomo non aveva una vera e propria occupazione, era estremamente superstizioso e aveva riempito la casa di immagini religiose. Era persino stato in pellegrinaggio a Gerusalemme. Insomma sembrava un agnello dietro al quale si celava un lupo. Secondo quanto è emerso nel corso dell’inchiesta, lui era stato già denunciato per le violenze dalla moglie che a un certo punto era stata cacciata di casa assieme al figlio maschio. Così Mikhail era rimasto solo con le tre figlie, che erano diventate le sue schiave personali. La cosa più assurda ed incredibile è che in Russia queste tre donne, che si sono ribellate alle violenze di un uomo, rischiano dagli 8 ai 20 anni di carcere, nonostante la procura abbia cambiato più volte le accuse contro di loro. Una parte dell’opinione pubblica infatti ha spinto affinché alle tre sorelle venisse applicata la massima clemenza possibile. Altri invece stanno reclamando condanne più severe. La realtà è che non c’è da essere ottimisti per il futuro di queste donne. Per farci un’idea, in Russia vengono uccise 9.600 donne ogni anno, anche se il Governo parla di cifre esagerate. La violenza sulle donne è una battaglia planetaria, che coinvolge personalmente ognuno di noi. Facciamola diventare la priorità della politica e dell’educazione in ogni sua forma.
Devo parlare di Roma per raccontarvi una delle storie più incredibili dell’ultimo anno. Nello scorso fine settimana l’Assessore alla sanità della Regione Lazio Alessio D’Amato, che è riuscito grazie al suo rigore a tenere la nostra Regione in zona Gialla, ha scoperto come la Sindaca di Roma Virginia Raggi abbia deciso di mettere in pericolo i cittadini romani. La Sindaca, presa da non si capisce quale follia, ha deciso di far aprire in piena pandemia un nuovo gigantesco centro commerciale. Una struttura che ancora aveva dei problemi di opere pubbliche tra l’altro. Risultato? Trentamila persone sono andate all’inaugurazione, provocando un mega assembramento, che oltre allo sdegno e all‘incredulità di gran parte della cittadinanza, ha messo in pericolo i residenti della nostra Regione, che ora rischia nelle prossime settimane di veder risalire la curva dei contagi. La Sindaca Raggi, ormai isolata anche nel suo stesso partito, sembra in preda ad un vero e proprio delirio. Sono sicuro che solo qualche mese fa non avrebbe mai fatto una scelta così sconsiderata, così pericolosa per la salute pubblica. Mi sembra che la Raggi sia ormai arrivata al capolinea e sia in totale confusione. Quale è la novità mi direte. Il problema è che questo è un momento in cui non si possono commettere errori. Davvero non più. Per questo motivo, non per ragioni politiche, ma per la tutela della nostra comunità, la Raggi dovrebbe dimettersi e lasciare al vicesindaco l’onere di traghettare Roma alle prossime elezioni. Questa drammatica pandemia non consente di avere alla guida della Capitale una persona in totale stato confusionale.
L’oddio è lunedì diventa anche podcast. Se vuoi ascoltarlo lo trovi su Spotyfi e sulle principali app per smartphone. A questi link trovi la puntata di oggi: Spotify, Spreaker, Pocast Addict.