Oddio è lunedì #173 – un virus che ha sfidato l’umanità intera

È ormai fuor di dubbio che questo 2020 ci stia mettendo di fronte a momenti difficili, che mettono a dura prova la nostra vita. Ogni giorno ci troviamo a combattere con il nostro senso di responsabilità, dovendo scegliere fra i nostri desideri e gli obblighi che ci impone la pandemia di Covid. È maledettamente difficile decidere di rimanere a casa invece di vedere gli amici o i nostri parenti, per preservare la salute di tutti. Non è semplice auto limitare la nostra innata libertà di movimento. Ci fa sentire tristi dover rinunciare ad uscire la sera, per evitare di essere causa di assembramenti. Chi se lo può permettere si sposta con la macchina invece che con i mezzi pubblici già intasati. La cosa più difficile, tuttavia, è smettere di abbracciarsi proprio in un momento in cui tutti avremmo bisogno di stare più stretti. La nostra quotidianità è stata invasa dal virus e le nostre abitudini stanno lentamente, ma inesorabilmente cambiando. La mascherina è diventata parte del nostro corpo e ad esclusione di un manipolo di negazionisti poco intelligenti, quasi tutti la usiamo per difenderci da un virus che non vediamo, ma che è talmente reale da aver già ucciso in meno di un anno un milione e duecento mila persone in tutto il mondo. 

Non ci sono soltanto le azioni a metterci difronte alla nostra coscienza, ma anche i pensieri. Ieri il governatore della Liguria Giovanni Toti ha scritto in un tweet che le vittime di questo virus sono per lo più anziani, non indispensabili allo sforzo produttivo del Paese. Parole di cui vergognarsi che richiamano alla mente l’eugenetica nazista e che tuttavia obbligano ognuno di noi ad una scelta di campo non banale. Siamo disposti a rinunciare ad alcune delle nostre abitudini per difendere gli anziani e i più deboli? Possiamo accettare di crescere meno economicamente, riducendo la qualità della nostra vita, per salvaguardare la salute di tante persone che ogni giorno lottano per sopravvivere in una terapia intensiva? In sostanza siamo capaci di rinunciare almeno temporaneamente all’egoismo e all’edonismo, che sono il perno della nostra società dei consumi, in un momento di così grave crisi per la nostra specie? È una risposta intima che ognuno di noi deve saper dare prima di tutto a se stesso, perché implica rinunce e passività in un mondo che ci vuole costantemente iper attivi. Scegliere la via della responsabilità, tuttavia, non significa trasformarsi in eremiti, ma saper compiere azioni consapevoli orientate ai bisogni degli altri prima che ai propri. 

Da quando il Governo ha chiuso i ristoranti la sera ho smesso di andare a cena fuori come tutti noi ed ho colto il messaggio sotteso a quella scelta, ovvero limitare le uscite non indispensabili. Tuttavia ieri sono comunque voluto andare a pranzo alla trattoria da Teo a Trastevere. L’ho fatto perché il giorno prima ho appreso della morte improvvisa causa Covid del mio amico Abramo, famoso ristoratore del Neshville di Settebagni. La notizia mi ha profondamente scosso e allora ho deciso che per quanto possibile mi piacerebbe sostenere quegli imprenditori che con fatica e responsabilità continuano a fare il proprio lavoro seppur soltanto di giorno. Ieri ho ascoltato con attenzione le parole di Titti, una delle proprietarie della trattoria, che mi ha raccontato come ci sia la disponibilità a compiere anche ulteriori sacrifici economici, purché siano condivisi e servano davvero a ridurre i contagi. Tutte le scelte del Governo servono ad evitare un nuovo lockdown, ma non sappiamo se saranno sufficienti e molto dipenderà anche dai nostri comportamenti individuali. 

Alcuni Paesi stanno peggio di noi. La Francia e la Germania in Europa, ma anche gli Stati Uniti che si trovano alla vigilia delle importanti elezioni presidenziali. Sono sicuro che una vittoria democratica segnerebbe una svolta a livello mondiale. Citando le parole di Barak Obama, sarebbe bello se a gennaio del prossimo anno, dovessero giurare un Presidente e un vicepresidente che non siano negazionisti come Trump e che invece di mettere la testa sotto la sabbia avessero un piano per uscire dalla crisi. C’è chi si augura che il Natale ci consegni già a gennaio un vaccino (magari) e chi come me spera che il prima possibile si convochi un G20, il forum dei principali leader mondiali, con all’ordine del giorno gli sforzi comuni per uscire dalla pandemia. Perché semmai ci fosse bisogno di ripeterlo, questo virus ha sfidato l’umanità intera e per sconfiggerlo serve l’impegno unitario di tutti, proprio di tutti. 

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