Roma e la fogna hanno un rapporto antico. Sebbene lo storico romano Tito Livio la descrivesse, molto tempo dopo la sua costruzione, come scavata nel sottosuolo della città, la cloaca maxima delle origini molto probabilmente era un canale a cielo aperto, che aveva la funzione di raccogliere le acque dei corsi d’acqua naturali che scendevano dalle colline, drenando la pianura del Foro Romano e del Velabro allora acquitrinosi, per sversarle nel Tevere. Quello che sappiamo è che la cloaca maxima fu costruita durante il regno di uno dei primi re di Roma e ufficializzata durante Tarquinio Prisco nel VI secolo avanti Cristo. Venne in seguito mantenuta in buono stato per tutta l’età imperiale, con lavori di ispezione e drenaggio che vanno da Agrippa (33 a.c.), fino al V secolo dopo Cristo. Di conseguenza è lecito ritenete che i problemi fra i romani e le fogne possano avere origini più recenti.
Per arrivare ai giorni nostri il primo a riesumare la cloaca per descrivere lo stato della Capitale è stato il regista e attore comico Carlo Verdone che nel 2014, appena qualche giorno dopo gli arresti dell’inchiesta “Mondo di Mezzo”, descrisse lo stato di abbandono in cui versava la capitale. “Se continuano a scoppiare scandali di questa portata, ci dobbiamo aspettare tumulti di piazza, ma quelli veri” diceva Verdone che concludeva: “Io per strada ci vado e avverto il clima diffuso. Non c’e’ piu’ spazio per l’ironia, c’e’ solo rabbia, indignazione, voglia di reagire. La gente si chiede: ma chi diavolo abbiamo messo li’ a comandare?”. Siamo ancora durante il breve mandato di Ignazio Marino, che il 21 giugno del 2015, a pochi mesi dalla sua caduta, dal palco della Festa dell’Unità di Roma si lascia andare ad un proclama contro la destra di Gianni Alemanno “tornino dalle fogne da dove sono venuti invece di dare lezioni di democrazia e rigore a noi”. La risposta alla rabbia e al disgusto dei romani non fu però la difesa dell’esistente, ma l’elezione a furor di popolo di una sconosciuta Virginia Raggi.
Tuttavia nella giornata di ieri, ad ormai quattro anni dalla vittoria del M5S a Roma, anche Beppe Grillo si è aggiunto al coro populista di chi recentemente ha voluto utilizzare la fogna come metafora di Roma. Il “sonetto” in dialetto romanesco, scritto da Franco Ferrari in difesa di Virginia Raggi dal titolo “Virgi, Roma nun te merita” e postato sul blog di Grillo, invita la sindaca e “tutti gli onesti” a “prendere la valigia e abbandonare questa città bella e zoccola”. La lirica è un “j’accuse” ai romani definiti “gente de fogna” appunto, che se la prendono con “questa povera Crista”. A differenza dei suoi predecessori Grillo è voluto andare oltre, perché, forse per la prima volta nella storia, ha definito tutti gli eredi di Roma alla stregua di persone che vengono dalle fogne. Dimenticando forse per un attimo che proprio grazie ai romani sono stati realizzati quei sistemi fognari, copiati in tutto il mondo, che hanno consentito all’umanità di progredire e di cominciare a combattere contro pestilenze e malattie. Per Grillo deve essersi trattato di un vero e proprio déjà vu quello fra fogne e pestilenze, perché il popolo che le fogne le ha costruite è proprio quello più attrezzato per debellare eventuali pesti, siano esse di carattere sanitario che politico. Ho letto da molti autorevoli commentatori che il sonetto di Beppe Grillo conterrebbe un significato esoterico, poiché in realtà darebbe il ben servito alla Raggi, consigliandole di non esporsi alla brutta figura di una ricandidatura che la vedrebbe sicuramente uscire nettamente sconfitta. A sostegno di questa tesi c’è anche la posizione della Raggi, che si è subito dissociata dalla definizione “gente de fogna”, che sicuramente non gioverà alla campagna elettorale grillina e che assomiglia tanto alla Roma ladrona di memoria leghista. In tutta onestà non saprei dire quale interpretazione sia quella corretta, se quella pro o contro la Raggi, poiché considero Beppe Grillo capace di qualsiasi esercizio acrobatico.
Non volendo perderci troppo tempo, tuttavia è anche possibile un’interpretazione più culturale della questione. È infatti possibile anche se non probabile che Beppe Grillo possa conoscere i racconti di quegli storici che riportano casi in cui i corpi di alcuni personaggi famosi furono gettati nelle fogne invece di ricevere adeguata sepoltura. È il caso di San Sebastiano, militare romano morto martire per aver sostenuto la fede Cristiana e la cui morte è diventata il soggetto di una celebre opera del pittore Ludovico Carracci. Lo è ancor di più la drammatica storia di Eliogabalo, imperatore romano dal maggio 218 al marzo 222 dopo Cristo. Dopo quattro anni di potere assoluto, le cronache di Cassio Dione e Erodiano discordano su qualche particolare della sua morte, ma entrambe concordano sul fatto che venne ucciso insieme alla madre in un’imboscata ordita dai pretoriani del cugino Alessandro, che dopo aver fatto strazio dei loro corpi, invece di darne degna sepoltura, li getteranno proprio nelle fogne di Roma.
In definitiva non mi sembra utile perdere tempo nel tentativo di leggere nella mente di Grillo, perché è sufficiente conoscere la nostra città e i romani, persone serie e perbene, per sapere che il prossimo anno si aspettano soltanto di poter scegliere un Sindaco o una Sindaca che sia una persona preparata, capace ed onesta. Sono convinto che soltanto per raggiungere questo obiettivo devono lavorare tutte le energie che si riconoscono nel centrosinistra e che negli ultimi dodici anni hanno avuto la sventura di dover rappresentare l’opposizione a due Sindaci incapaci come Virginia Raggi e Gianni Alemanno. A questa generazione di donne e di uomini spetta l’onere e l’onore di presentare un progetto politico in grado di rilanciare Roma per riportarla al posto che le spetta nella Storia.