Oddio è lunedì #151 – il tempo è l’unica “valuta” che nessuno ci restituirà mai

In queste lunghe settimane di quarantena stiamo scoprendo di avere cose che ci mancano enormemente ed altre che abbiamo in abbondanza. Prima di tutto abbiamo il tempo. Nella nostra vita prima della pandemia di Covid-19, il tempo “libero” era un lusso. Adesso ne abbiamo molto di più, nonostante lo smart working abbia cancellato qualche scusa con la quale ogni tanto si poteva saltare un impegno di lavoro. Oggi siamo costretti alla presenza virtuale, ma nonostante questo abbiamo più tempo da dedicare alle persone che abbiamo vicino o che sentiamo al telefono e sulle video chiamate. Abbiamo più tempo per gli hobbies, per leggere, per fare yoga o sport, per vedere una serie tv e per cucinare. Il covid-19 ci ha costretti a casa, ma ci ha restituito il controllo del nostro tempo, mettendoci difronte ad un’evidenza schiacciante, ovvero che la società iper capitalista del consumo è potenzialmente in grado di darci ogni cosa e di farci sentire liberi,  ma in cambio di questa libertà esige quasi tutto il nostro tempo. L’unico bene davvero nostro e che nessuno al mondo potrà mai restituirci. Questa evidenza mi preoccupa molto, perché di contro quello che mi manca di più è la possibilità di muoversi, di viaggiare verso città e Paesi che non conosco e di cambiare programma, potendo partite in macchina in qualsiasi momento verso qualsiasi destinazione. Libertà contro tempo. Da questa riflessione nasce la domanda sul come possa essere possibile conciliare nel mondo che verrà il ripristino della libertà di azione con la gestione del nostro tempo. Non si tratta soltanto di formule economiche, società dei consumi contro decrescita felice. La questione chiama in causa quello che desideriamo come donne e uomini per il futuro dell’Umanità. In altre parole riportiamo il mondo nella situazione nella quale si trovava prima del coronavirus o lo ridisegniamo daccapo? Il mondo di prima era sull’orlo del baratro ben prima del virus. Era già cominciato il conto alla rovescia nell’attesa di un ormai quasi inevitabile catastrofe climatica. Si discuteva di quanto fosse seria la minaccia di una disoccupazione di massa, provocata dall’avvento delle nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale e all’arrivo del 5G. Persino il Papa ci rammentava come si stesse combattendo sotto i nostri occhi una terza guerra mondiale divisa per capitoli. 

L’emergenza di Covid-19 ha avuto come principale conseguenza quella di resettare le certezze economiche, facendo tabula rasa della programmazione politica e disintegrando le regole dei mercati e gli imperativi sul debito pubblico. Siamo dinnanzi ad un brusco punto di rottura della storia e per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale potremmo essere nelle condizioni di stravolgere le nostre società, provando a riequilibrare gli squilibri. In questi giorni mi è capitato di leggere la registrazione di una conferenza di qualche anno fa del filosofo Carlo Sini dal titolo “Relazioni pericolose l’uomo e il denaro” (clicca qui). La sua è una lunga e ricca riflessione che vi invito a leggere. Quello che mi preme estrapolare dal suo discorso è l’esempio delle tavolette d’argilla ai tempi della società Babilonese. Sulle tavolette i sacerdoti segnavano i debiti dei contadini. Gli amministratori del sacro, grazie alla conoscenza della scrittura, divennero anche amministratori del debito e accumulatori di beni. Questo fece peggiorare la qualità della vita di chi lavorava la terra, costretto a fuggire per non diventare schiavo o a lavorare male, perché sfruttato da un altro. Allora i sovrani babilonesi studiarono uno stratagemma per evitare la catastrofe sociale. Inventarono quella che si chiama la rottura delle tavolette. Tutte le volte che un sovrano veniva nominato, come gesto di favore verso il suo popolo ordinava la rottura di tutte le tavolette del debito. Si azzeravano i debiti e si ricominciava daccapo. Funzionò per almeno trecento anni, perché ogni tanto azzerare il debito permette all’umanità di ricominciare. Oggi però noi abbiamo difficoltà persino ad ipotizzare una soluzione del genere, nonostante siano ormai passati vent’anni dalla grande battaglia per la cancellazione del debito dei paesi Africani, promossa da una grande coalizione di organizzazioni non governative e sostenuta durante il Giubileo del 2000 da Papa Giovanni Paolo II. In che modo sono legati fra loro la libertà, il debito e il tempo? Il debito non è altro che un obbligo, suscettibile di un qualche tipo di valutazione economica, a favore di un altro soggetto. Più passa il tempo, più il debito aumenta, perché è la variabile del tempo che determina la crescita del capitale prestato che dovrà essere un giorno restituito. Di conseguenza più contraiamo debito, più tempo saremo costretti a restituire, ad esempio lavorando, per poterlo saldare. E più tempo dovremo utilizzare per fare questo, meno ce ne resterà per usare al meglio le nostre libertà. Il tema è che il tempo è proprio l’unica “valuta” che nessuna banca o Istituzione potrà mai restituirci, ne tanto meno moltiplicare. Per questo è ragionevole spendere una parte del nostro tempo per combattere, come si fece negli anni novanta, per la riduzione del debito complessivo che abbiamo ereditato fin dalla nostra nascita e per immaginare che sia possibile, senza per questo essere considerati sovversivi, ripensare l’attuale sistema economico, cominciando a ragionare assieme fuori dagli schemi. È un’occasione unica e irripetibile per noi e per chi verrà dopo di noi. 

Venerdì si terrà la celebrazione del 25 aprile. Per la prima volta dopo più di vent’anni non potrò partecipare ad una delle tante iniziative in giro per la città o nei luoghi della Resistenza di Montesacro. Anche per questa ragione, oltre ad aderire all’iniziativa dell’Anpi suonando “Bella Ciao” delle ore 15, il Partito Democratico di Roma sarà impegnato in una lunga maratona talk sulla piattaforma “zoom”, che dalle ore 18 fino a mezzanotte sarà trasmessa in diretta sulla pagina Facebook del Partito Democratico di Roma. Interverranno tantissime autorevoli figure della società civile, dell’associazionismo, della politica, del giornalismo e del nostro partito. Una lunga giornata di contributi per ricordare e vivere insieme questo anomalo 25 aprile di liberazione. 

p.s. La settimana scorsa mia nonna Elena ci ha lasciati. Da quando sono al mondo è sempre stata una seconda mamma. Dopo aver perso mia madre Daniela, lei è stata il mio punto fermo. Da questo momento sarà molto più dura, perché tanti risultati della mia vita li ho raggiunti grazie al suo amore e al suo sostegno. Ha vissuto pienamente ogni giorno con forza, lucidità e generosità. Davvero tanto di quello che sono lo devo a lei. Un abbraccio nonna. 

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