Oddio è lunedì #149 – abbiamo pensato di rimanere sani in un mondo malato

Ci sono alcune immagini di questa settimana di quarantena che difficilmente potremo dimenticare. La solitaria camminata di Papa Francesco durante il rito per l’indulgenza plenaria in una Piazza San Pietro deserta e silenziosa, squarciata dal suono simultaneo delle campane e delle sirene. L’arrivo in Italia dei medici cubani, giunti nel nostro Paese per darci una mano nel momento di massimo bisogno. Le parole commoventi del Presidente dell’Albania Edi Rama che nell’inviare un contingente di 30 medici e infermieri, con grande umiltà ha spiegato: “noi non siamo ricchi e nemmeno privi di memoria. Non ci possiamo permettere di non dimostrare all’Italia che gli albanesi non abbandonano mai l’amico in difficoltà”. Le immagini e le parole di questi giorni difficili stanno costruendo la cornice del nuovo mondo che ci aspetta. Papa Francesco ha ricordato cosa questa pandemia abbia smascherato. L’avidità del guadagno che ha attanagliato l’umanità, che si è lasciata assorbire dalla cose materiali è frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti a nulla. Guerre, ingiustizie, povertà diffusa. Nemmeno difronte al pianeta malato abbiamo avuto un sussulto ed anzi molti hanno passato gli ultimi mesi a screditare e prendere in giro una ragazza come Greta Thunberg, “colpevole” di denunciare un mondo malato, nel quale con arroganza abbiamo pensato di poter rimanere per sempre sani.

Le parole di Papa Francesco mi hanno riportato alla mente “Momo”, libro di Michael Ende che ho particolarmente amato e che vi invito a leggere da soli o insieme con i vostri figli. La storia è bella ed adatta a tutte le età, perché ci ricorda come il consumismo e la frenesia del vivere moderno e tecnologico ci ha fatto perdere completamente di vista l’obiettivo della felicità delle persone e della qualità della vita. Il tempo che ci viene rubato dall’efficienza del lavoro non torna più e rischia di togliere il sapore alle nostre vite. È una riflessione importante da fare in queste lunghe giornate passate chiusi in casa. Come occupiamo il nostro tempo? Stiamo facendo qualcosa che ci piace oppure ci sembra di annoiarci? Abbiamo ritrovato il gusto delle cose semplici, come cimentarsi nel preparare il pane o un dolce per le persone che amiamo, leggere un libro, guardare un film, oppure ci mancano così tanto le occasioni di uscita da renderci ansiosi o insoddisfatti? Riusciamo a pensare, parlare anche con chi ci sta lontano, giocare per liberare la mente? La quarantena è soltanto smart working o luogo fisico senza tempo nel quale poter ritrovare parti di noi stessi che pensavamo fossero svanite? Le mie ovviamente sono domande e tante altre se ne potrebbero fare. Ad ognuno di noi il compito di chiedersi se la nostra vita di prima fosse la migliore possibile.

Intendiamoci mi manca la libertà di poter decidere in qualsiasi momento di cambiare programma, di vedere una persona che mi manca, di andare al cinema, al concerto e allo stadio. Non avrei mai pensato di dirlo ma mi manca anche il traffico insopportabile di Roma, la folla per le strade, le file un po’ dappertutto che mi davano la sensazione di perdere tempo. E mi manca viaggiare, decidere di staccare tutto anche soltanto per due giorni per conoscere una nuova città dall’altra parte del mondo. Siamo figli del nostro tempo e difficilmente riusciremo a rinunciare al nostro stile di vita, eppure milioni di persone nel mondo non avevano le nostre possibilità. In quel mondo prima dell’arrivo del 2020 noi eravamo dei privilegiati e spesso non ce ne siamo accorti, lamentandoci del futile, mentre c’era chi non aveva il necessario. Nel mondo che ci aspetta le persone che avranno maggiore bisogno saranno sempre di più e soltanto tutti assieme potremo salvarci dalla conseguenze prevedibili di un aumento della precarietà e della povertà. Per queste ragioni dobbiamo usare molto bene queste settimane di quarantena perché ognuno di noi sarà chiamato a fare molto di più per cambiare la realtà che ci circonda. Lo dovranno fare i governi, prima fra tutte l’Unione Europea se vorrà sopravvivere politicamente ed economicamente. Ma poi toccherà ad ognuno di noi rinunciare a qualcosa a favore di qualcun altro. Se non saremo capaci di farlo, sono convinto che saremo costretti a rinunciare a molto di più. Perché in mezzo alla tempesta non ci si salva da soli ma tutti assieme.

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