Questa settimana sarò breve. In tanti luoghi della terra i popoli sono in subbuglio. Abbiamo ancora negli occhi le grandi manifestazioni di Santiago del Cile e Barcellona. Piazze diverse accomunate dalla volontà di migliaia di persone di mettere il proprio corpo sulla linea, non rassegnandosi alla politica dei social, quella che si pensa di fare postando dal proprio comodo divano, quasi come se si stesse votando per un cantante di X-factor. Il rischio nel nostro Paese è quello di immaginare che si possa fare politica senza fatica, senza capacità di ascolto, peggio ancora senza umiltà. Il risultato delle elezioni in Umbria non deve sorprendere. Non è un test nazionale e di questo sono assolutamente convinto. Tuttavia mostra i limiti dell’attuale fase politica. In Umbria la coalizione giallo-rossa ha perso per diversi motivi. Il primo è rappresentato dalla programmazione con cui gli avversari hanno preparato l’appuntamento. La neo Presidente di Regione di centrodestra è stata Sindaca, poi parlamentare ed ora ha vinto in una Regione, governata per decenni dal centrosinistra.
In sintesi in Umbria il rinnovamento era la Lega e il nuovo centrodestra Salviniano. Non poteva essere il Pd che in quella Regione rappresentava il sistema. Non poteva essere il M5S che in Umbria ha prima randellato i democratici e poi si è presentato con loro alle elezioni. Non sempre in politica la coerenza paga. Tuttavia non paga mai l’idea di sommare in laboratorio elettorati diversi che hanno poco in comune. Non ha pagato nemmeno l’idea che un candidato civico sia la panacea di ogni male. Anche questo racconto per piacere mettiamolo in soffitta. Non è una questione di provenienza, ma di capacità e credibilità di una candidatura. Pensare che basti essere civico per vincere è una favola che ci viene propinata perché i partiti non sono più capaci di selezionare la propria classe dirigente, troppo litigiosa e prigioniera dei veti. Infine il Partito Democratico ha subito una scissione dolorosissima proprio durante la campagna elettorale. Mentre Salvini era impegnato in Umbria, per settimane i leader nazionali della coalizione giallo-rossa hanno discusso della Finanziaria, senza saperla adeguatamente comunicare. Anche in questo caso non esiste una regola per cui il buon governo deve essere necessariamente premiato alle elezioni, ma è quasi sempre vero che chi litiga tutto il tempo, poi non riesce a farsi capire e di solito perde.
Voglio scriverlo oggi perché vedo questo pericolo anche a Roma, dove nelle ultime settimane si è provato ad essere timidi con la Sindaca Virginia Raggi. Evitiamo di fare errori e continuiamo a seguire invece quello che da tre anni stanno facendo il Pd Roma e il gruppo capitolino in Campidoglio. Continuiamo a fare opposizione nelle aule consiliari di Comune e municipi. Stiamo in mezzo alle persone come accaduto venerdì con lo sciopero generale dei lavoratori delle municipalizzate e soprattutto costruiamo assieme il programma per il futuro della città. A Roma non serve solo un candidato Sindaco, ma una visione del futuro. Dobbiamo dire ai romani come sarà la città nel 2030 se la governeremo noi e non perdere tempo in formule tattiche o nella scelta della rosa dei nomi. Un programma serio è più forte della storia di un candidato Sindaco. Soprattutto serve una squadra larga per amministrare la Capitale ed è quindi necessario promuovere un gruppo dirigente pronto, che già ha esperienza di amministrazione e che ha fame di dimostrare di saper risolvere i problemi delle persone. Dall’Umbria si può imparare una lezione. Non bastano le formule politiche, servono i corpi sulla linea di donne e uomini che abbiano voglia di ascoltare e sudare con umiltà. Altrimenti non ci sarà governo che tenga, in grado di arginare una destra aggressiva e affamata di potere. E tuttavia capace di stare in mezzo a quel popolo che noi facciamo ancora troppa fatica a comprendere.