Oddio è lunedì #129 – un governo per non piegare la Costituzione all’uomo forte

Ci ricorderemo per molto tempo di questo agosto caldissimo. Non soltanto perché il sole ci ha regalato delle splendide giornate e lo Stromboli è stato protagonista di spettacolari eruzioni, ma soprattutto per la pervicace volontà di Matteo Salvini di volerci far trascorrere un’estate italiana diversa dal solito. La crisi di governo innescata dal leader della Lega, infatti, ha avuto il merito di sostituire sotto l’ombrellone le animate discussioni sul calciomercato o sul gossip estivo. Per tutta la seconda metà di agosto in spiaggia, in montagna e nei pochi bar rimasti aperti in città si è parlato di politica e della possibilità di andare per la prima volta al voto anticipato nel periodo di ottobre/novembre. In sostanza la crisi balneare del governo giallo-verde è stata l’occasione per discutere di politica, di alleanze di governo e delle prospettive per il nostro Paese. Con un solo tweet post ferragostano si è passati dalla propaganda social del governo del cambiamento alla dura realtà del Parlamento, che ci ha mostrato esplicitamente lo scontro verbalmente violento fra la Lega e il M5S.

Quello che abbiamo visto emergere della crisi, tuttavia, non appare sufficiente per comprendere la portata di quello che è accaduto. Ci sarebbe bisogno di una accurata analisi politica e per una volta di un’estrema sincerità da parte dei leader dei partiti politici. Lo dico con chiarezza. Non credo per nulla alla lettura di chi racconta di un Salvini ubriaco di potere, che si suicida politicamente dal Papeete dopo una serata in discoteca. Il leader della Lega e i suoi uomini della comunicazione sono sempre stati fin troppo lucidi ed anche oggi a mio avviso lo sono. La strategia della Lega è piuttosto semplice. Dopo aver usato i grillini per andare al governo, rafforzare il proprio leader ed erodere più consensi possibili, chiedere il voto anticipato significa semplicemente voler massimizzare il proprio risultato. Una Lega forte avrebbe poi magari riproposto al M5S di Di Maio, sensibilmente indebolito dopo il voto, una riedizione della coalizione giallo-verde con a capo l’uomo dei “pieni poteri” Salvini. Il tutto con l’appoggio e il sostegno della progenie di quel Dibattista senior, che i pieni poteri per se stesso li aveva già richiesti qualche mese addietro. Bisogna avere contezza del fatto che andare al voto anticipato era e forse ancora è (magari non subito) un’ipotesi assai probabile nel prossimo futuro. A suffragare l’idea che Salvini non fosse un suicida politico, c’e anche la prima posizione politica assunta legittimamente dal segretario democratico Nicola Zingaretti, da sempre piuttosto sicuro di poter far meglio delle scorse elezioni e poco voglioso di doversi intestare una finanziaria difficile che dovrà farsi carico di ridurre i danni del governo Conte-Salvini-Di Maio. La ragione per cui Salvini ha precipitato il Paese nel caos era quindi piuttosto palese, tanto che il presidente del consiglio Conte ha potuto smascherarla facilmente durante il dibattito parlamentare.

A livello statistico il voto anticipato aveva una elevata percentuale di verificarsi, poiché un’alleanza fra M5S e Pd sembrava impraticabile, impossibile e irrealistica, anche perché oltre al desiderio di votare di Zingaretti, si faceva leva sull’atavico odio che i grillini avevano riversato sui democratici guidati da Matteo Renzi in passato. Tuttavia la politica non risponde quasi mai alle rigide regole della matematica. Basterebbe ricordare tutte le occasioni nelle quali i voti complessivi ottenuti da due partiti che si alleavano in un cartello elettorale, hanno poi prodotto un risultato inferiore alla somma matematica di partenza. La politica si fa anche tenendo conto delle percentuali di probabilità, ma è soprattutto il prodotto delle capacità delle leadership e delle idee messe in campo. Ad oggi la strategia di Salvini è fallita per due variabili di cui il leader della Lega non poteva avere contezza. La proposta di Matteo Renzi di non andare al voto per evitare l’aumento dell’Iva e la vittoria della destra Salviniana filo sovietica. La risposta di Beppe Grillo, in aperto contrasto con Luigi Di Maio, sul cambio delle alleanze per non morire. Una sorta di meglio morire democristiani, che scomparire nella notte, dopo aver visto dimezzata con il voto la propria pattuglia parlamentare.

Due azioni imprevedibili perché capaci di ribaltare in poche ore le strategie ormai cristallizzate di Pd e M5S. Renzi e Grillo insieme non si vedevano dai tempi dell’esci “da questo blog Beppe“. Eppure in questa crisi hanno messo in campo la stessa visione, ovvero quella di evitare la precipitazione del voto e il ritorno del centrodestra di Salvini, Berlusconi e Meloni. Lo stesso centrodestra che con Berlusconi premier, Meloni ministro e Salvini parlamentare europeo aveva provocato talmente tanti danni da costringerci al governo tecnico lacrime e sangue di Mario Monti. Per comprendere le mosse della politica spesso è sufficiente avere una buona memoria. Su queste basi è nato il dialogo fra Pd e M5S, grazie anche alla generosità del segretario Nicola Zingaretti che ha scelto di cambiare l’iniziale istinto verso il voto, imbarcandosi in un difficilissimo negoziato con i grillini. Dobbiamo essere onesti. Andare al voto sarebbe stato più vantaggioso per il Pd ed anche molto più semplice da spiegare al Paese. Sarà molto più complicato governare con Di Maio, stando spesso appesi al voto degli anonimi iscritti di Rousseau e cercando di spiegarne le nobili ragioni ai cittadini che hanno votato il Pd anche per il #senzadime.

Sono un dirigente romano del Partito Democratico e persino per me che mi occupo di politica ogni giorno è difficile digerire questo accordo politico. Tuttavia faccio politica nel Partito Democratico proprio perché ho sempre combattuto il populismo dell’antipolitica. Anche quando sembrava non ci fosse più speranza. I dubbi e le preoccupazioni sono più che legittime. Non dovremo però mai dimenticare nei prossimi difficili mesi come questo governo nasca proprio per non piegare un Parlamento eletto dal popolo con un sistema proporzionale ai voleri di uno solo. Non si può accettare che dopo soltanto un anno dalle elezioni il futuro del Paese venga deciso da un partito minoritario del 16%, che dopo aver governato a suon di promesse elettorali è voluto fuggire dalle proprie responsabilità, per non dover pagare i danni dei suoi errori. Un amico che siede in Parlamento ha scritto nei giorni scorsi una scomoda verità, ovvero che qualora si votasse anticipatamente avrebbe vinto Salvini, mentre un governo di legislatura segnerebbe la sua sconfitta. Voglio provare ad andare oltre questo ragionamento. Andare al voto anticipato dopo un anno per volontà di un leader minoritario con ambizioni autoritarie rappresenta la negazione di quanto contenuto nella nostra Costituzione Repubblicana.

Non finirò mai di ringraziare quelli che ci hanno regalato la nostra Costituzione. Tutti parlano di politica, governi ed elezioni, ma pochissimi hanno letto davvero le regole fondamentali della nostra Repubblica. La democrazia moderna fortunatamente si basa sulle Costituzioni, perché le parole scritte servono a dare certezze rispetto alla volubilità delle opinioni personali. Prima di scrivere, bisognerebbe leggere. Prima di giudicare, sarebbe necessario comprendere. Anche stavolta invece i social sono stati e continueranno ad essere la vetrina per le tifoserie contrapposte. Così la società italiana non cresce. Così siamo tutti meno disposti ad ascoltare gli altri e ad unirci per rafforzare il nostro Paese. Si può essere d’accordo o meno su un governo, un contratto o un patto politico, ma è assolutamente inaccettabile stravolgere sistematicamente il significato delle norme che regolano il nostro vivere comune. Ci sono molteplici ragioni per le quali non andrebbe fatto un governo con il M5S, tuttavia la difesa della Costituzione e della centralità del Parlamento è molto probabilmente la giustificazione massima del tentativo in essere e la motivazione favorevole che sovrasta per importanza tutte le altre. Sarà sicuramente difficile da spiegare a coloro che sostengono chi urla a giorni alterni che esistono governi non eletti e che ci vogliono le elezioni soltanto quando casualmente governano altri. Sarà allo stesso modo difficile da far comprendere anche ai tanti che in buona fede vorrebbero semplicemente un governo capace di fare gli interessi degli italiani, senza troppe polemiche e litigi. Tuttavia questo tentativo democratico e costituzionale di dare un governo al Paese appare necessario per poter dire a noi stessi di aver fatto tutto il possibile per impedire alla peggiore destra di fare ancora del male all’Italia.

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