La giornata di ieri ha sancito il no del M5S alle Olimpiadi di Roma. Una decisione piuttosto scontata, visto quanto anticipato in campagna elettorale dalla Sindaca Virginia Raggi e pochi giorni fa dal blog di Beppe Grillo. Non mi voglio soffermare più di tanto su questa scelta. Non sono mai stato un sostenitore dei giochi olimpici e per la verità ero fra i pochi contrari, quando a proporre la candidatura era stato l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. Allora insieme al giornalista Fabrizio Gatti realizzammo un servizio sulle incompiute dei Mondiali di Nuoto del 2009. Uno scandalo che avevamo sollevato insieme, sostenendo le battaglie dei cittadini. Il 16 dicembre 2014, di conseguenza, avevo ribadito le mie preoccupazioni alla trasmissione radiofonica Rai Radio Anch’io, quando un altro ex sindaco di Roma, Ignazio Marino, si apprestava a dare il proprio sostegno all’evento.
Per questa ragione non voglio e non posso essere tacciato come uno di quelli entusiasti dell’evento. C’è un problema serio, però, in quello che è successo. Virginia Raggi e il M5S per arrivare ad esprimere la contrarietà alla Olimpiadi hanno scelto la via dello strappo politico. Hanno voluto creare un evento mediatico, decidendo razionalmente di dare buca a Giovanni Malagò, numero uno dello sport italiano. Con questa mossa, abbastanza stupida a mio avviso, non soltanto hanno dimostrato di essere dei cafoni, ma si sono sottratti ad un incontro istituzionale, che lo stesso Malagò avrebbe voluto pubblico ed in streaming.
Il Sindaco Virginia Raggi ha adottato una bieca strategia politica, in barba ai principi di trasparenza che in teoria dovrebbero guidare il M5S. Non c’è stato l’incontro con il Coni, semplicemente perché la Raggi e Frongia non erano pronti a quel confronto, come si è visto chiaramente in conferenza stampa. Le slide c’erano, ma i contenuti no. O meglio le ragioni del no sono sembrate puramente strumentali. La questione è che anche per fare politica, bisogna essere preparati. Non basta dire quattro parole in una conferenza stampa. Ci deve essere conseguenza fra quello che si dice e le proprie azioni. E su questo Giovanni Malagò, ieri, ha dato una lezione a Virginia Raggi. Forse nemmeno l’ultima.
Malagò ha dimostrato di essere molto più coerente della Raggi, semplicemente concludendo la sua lunga giornata in III municipio a Talenti, insieme con i ragazzi della scuola Renato Fucini e dell’Associazione Montesacro Roma. In una periferia della città, è venuto ad inaugurare un impianto sportivo pubblico, realizzato con fondi della Regione Lazio, del III municipio e dell’associazione sportiva che lo avrà in concessione per dieci anni. È venuto a fare quello che la Raggi dice di voler fare, dimenticandosi al dunque che sarebbe dovuta essere lei, come Sindaco della città, ad inaugurare quell’impianto sportivo. La Raggi non sembra essere consapevole di aver perso una delle rare occasioni per poter regalare un servizio pubblico ai cittadini. Virginia Raggi semplicemente non c’era, perché è una Sindaca distante dai cittadini. Una Sindaca che gioca a fare politica sui social, ma che non cammina in mezzo alle persone. Che si sottrae dalle occasioni ufficiali, preferendovi un pranzo con il proprio cerchio magico. Che limita le domande dei giornalisti, preferendo i video autoprodotti.
Una Sindaca che oggi dice no alle olimpiadi, permettendosi di citare gli scandali dei mondiali di nuoto e le vele di Calatrava, quando lei in quegli anni (aprile 2008 – settembre 2009) ricopriva il ruolo di presidente del Cda di Hgr, una società amministrata da Gloria Rojo, segretaria di quel Franco Panzironi, braccio destro dell’ex sindaco Gianni Alemanno, incappato in diversi processi giudiziari. Insomma quando noi spendevamo i soldi per i ricorsi al Tar del Lazio sui Mondiali di Nuoto per contestare gli atti di Berlusconi ed Alemanno, lei grazie agli amici di Gianni, i soldi li guadagnava.
I romani sono giustamente arrabbiati con il Partito Democratico di Roma e hanno le proprie buone ragioni. Tuttavia dobbiamo evitare di diventare come Tafazzi, il celebre personaggio di Aldo, Giovanni e Giacomo, che viveva prendendosi a bottigliate sulle parti intime. Credo che nessuno di noi se lo meriti, nemmeno per far dispetto al Partito Democratico.