Il terzo lunedì di gennaio sarebbe il più nero dell’anno. Nulla di scientifico ovviamente, piuttosto un algoritmo matematico messo a punto dallo psicologo inglese Cliff Arnall, che spiega l’origine di questa malinconica celebrazione mettendo insieme condizioni meteo sfavorevoli, le giornate più corte, i festeggiamenti natalizi ormai conclusi e i sensi di colpa per il troppo cibo mangiato e il denaro speso in viaggi e regali. Insomma il lunedì del ritorno alla vera routine. D’altronde il lunedì stava sulle scatole anche a Vasco Rossi tanto da dedicargli una canzone e pure a me visto che ne ho fatto una rubrica settimanale. Il problema è che per molte persone i “Blue Monday” stanno diventando sempre più numerosi, a giudicare dai risultati del “Rapporto Oxfam 2018“, che hanno messo in evidenza, per l’ennesima volta, come esista un’enorme disparità di ricchezza a dividere gli uomini, che sta diventando sempre più sistemica e irreversibile.
I dati sono purtroppo incontrovertibili. La ricchezza dei 1.900 miliardari della lista Forbes del 2017 è cresciuta di oltre 900 miliardi di dollari (+1,2%). Al contrario la ricchezza netta della popolazione più povera del mondo (3,8 miliardi di persone) è diminuita dell’11%. Oggi sono 26 i multimiliardari che posseggono la ricchezza della metà più povera del globo. Un’indecenza insostenibile che rischia di far vacillare la tenuta del sistema democratico. Basti pensare a Jeff Bezos che con un patrimonio di 112 miliardi di dollari è l’uomo più ricco del mondo. Con l’1% di questa somma un Paese come l’Etiopia, dove vivono 105 milioni di persone, pagherebbe l’interno servizio sanitario. Le insostenibili disuguaglianze economiche, che si riflettono sulla qualità delle vita delle persone sono all’origine della crisi delle forze riformiste in tutto il mondo. L’incapacità di affrontare con riforme radicali l’aumento della povertà e l’allargamento della forbice della disuglianza, complice il ricatto del libero mercato e della ricerca ossessiva della produzione, rende eccessivamente prudenti le politiche degli Stati nazionali ed anche quelle dell’Unione Europea. Proprio nei giorni scorsi Bruxelles ha almeno fatto un mea culpa pubblico per le politiche di austerity e scarsa solidarietà di questi ultimi anni.
Nel nostro Paese, purtroppo, si continua a parlare di altro e si mettono sotto al tappeto le promesse elettorali irrealizzabili. The “show must go on” avrebbe urlato Freddy Mercury, anche quando milioni di vite sono sull’orlo del precipizio ed anche le classi medie sentono sempre più vicina la morsa dell’insicurezza e della precarietà. La questione sociale della disuguaglianza entra pochissimo nel dibattito pubblico e politico. Ancora meno e me ne dispiaccio moltissimo in quello del congresso del Partito Democratico. La destra non ha ricette concrete per risolvere queste grandi questioni, ma soffia con maggiore foga sulla disperazione delle persone sottraendo loro, tramite misure ideologiche inserite nella legge di bilancio, gli strumenti per riuscire ad emanciparsi e comprendere meglio quanto stia accadendo. La realtà è che l’orrore può tornare da un momento all’altro, se non si smette di chiacchierare futilmente nella comunità globale dei social e non si affrontano le grandi questioni mondiali, insieme alle teste pensanti in grado di dare un contributo concreto per uscire dalla più grande crisi economica e sociale della storia.
Mi è capitato nel fine settimana di vedere il film di Emmanuel Finkiel “La douler“, ispirato al libro “Il dolore” di Marguerite Duras. La storia è di quelle durissime, faticose da vedere e a tratti da sopportare. Non è un film che consiglierei a tutti dico la verità. Tuttavia è una di quelle pellicole raccontate attraverso le pagine di un diario, scritto da una donna in attesa del ritorno del marito-rivoluzionario, durante l’occupazione nazista di Parigi. Un film nel quale sei costretto a pensare che comunque vadano le cose oggi, è sempre meglio del destino che hanno dovuto subire ed accettare milioni di persone prima di noi. Questo film assieme al saggio dello storico inglese Ian Kershaw che sto leggendo, tratteggiano l’universo nazista e come il mondo e il destino di uomini e donne fossero nelle mani di pochissimi. La mia più grande preoccupazione di questi anni è la sottovalutazione di quello a cui assistiamo ogni giorno. La povertà che aumenta, l’incapacità di dare un futuro certo alle generazioni più giovani, la sistematica eliminazione di risorse a favore dei più deboli, l’odio sempre più dilagante verso chi è diverso. E sopra ogni cosa l’assoluta prevaricazione dell’io sul noi, dell’egoismo sulla generosità. L’avevo detto in premessa che questo era un “Blue Monday”, tuttavia domani sarà già martedì. Ad ognuno di noi il compito di combattere le proprie battaglie quotidiane per rendere migliore il tempo che stiamo vivendo.