Oddio è lunedì #75 – un Koalitionsvertrag alla matriciana

Il contratto di governo non è certo una novità di queste ultime settimane. Il contratto alla tedesca, ad esempio, è una formula politica consolidata dagli anni sessanta. In Germania le forze politiche che siglano un “Koaltionsvertrag” decidono di mettere nero su bianco gli obiettivi condivisi e le tempistiche con cui possano essere raggiunti. E’ accaduto anche dopo le scorse elezioni, quando si è costituita nuovamente un’alleanza di governo fra la Cdu-Csu e la Spd. Ci sono voluti sei mesi di trattative per formare il governo e sottoscrivere una serie di direttive di carattere generale, che successivamente dovranno trovare esecuzione nei passaggi parlamentari. Sono documenti che non prevedono alcuna forma direttamente coercitiva nel caso di mancato rispetto. Questo perchè in democrazia quello che conta è il consenso dei cittadini. Nella prassi, quindi, un Koalitionsvertrag è il prodotto delle trattative tra partiti accomunati dall’incapacità numerica di governare da soli. Nulla di nuovo, quindi, anche nel nostro Paese, dove le elezioni non hanno garantito ad una singola forza politica o ad una coalizione l’autosufficienza per governare.

Sulla scia della Germania di Angela Merkel, nelle prossime ore prenderà corpo anche il governo giallo-verde fra M5S e Lega. Il problema del contratto fra il M5S e la Lega, tuttavia, è che il loro sembra essere un Koalitionsvertrag alla matriciana, una sorta di libro dei sogni nel quale scrivere tutti i desiderata dei rispettivi partiti. La questione è relativa sopratutto ai costi degli interventi in programma. Secondo i calcoli dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani dell’Università Sacro Cuore si stima una spesa tra i 108,7 e i 125,7 miliardi di euro, che secondo l’istituto non sarebbe ben chiaro da dove potrebbero arrivare. Si parte dalla “Flat tax”, la misura più costosa: tra i 26 e i 50 miliardi di euro. Si tratterebbe di una riforma dell’Irpef che ridurebbe le aliquote dalle attuali cinque a due, una al 15 e una al 20%. C’è poi il tanto atteso reddito di cittadinanza con un costo fra i 17 e i 38 miliardi. Si continua con l’abolizione della legge Fornero (8/10 miliardi), l’eliminazione delle accise sulla benzina (6 miliardi), gli investimenti (5 miliardi), il rafforzamento dei centri dell’impiego (5 miliardi), l’aumento dell’indennità civile (1,8 miliardi) e delle pensioni di invalidità (1,8 miliardi). Per tacere di come raggiungere l’obiettivo del blocco degli sbarchi degli immigrati e della ridiscussione dei trattati europei. Il programma di governo assomma le promesse elettorali dei due partiti che comporranno la maggioranza, senza che vi sia stata nessuna scelta sulle priorità da seguire.

C’è poi una questione relativa al ruolo del Parlamento. Si è sempre detto in questi ultimi venti anni come Silvio Berlusconi fosse un pericolo per la nostra democrazia perché proprietario di Mediaset, Mondadori e di buona parte della distribuzione cinematografica italiana. Si è molto scritto in questo ultimo periodo di come lo fosse anche Matteo Renzi, perchè il suo referendum costituzionale avrebbe abolito il bicameralismo perfetto, dotando il nostro Paese di un sistema elettorale maggioritario, con tanto di ballottaggio al secondo turno. Nessuno degli intellettuali della sinistra da salotto, frequentatori delle belle estati romane e delle spiagge di Capalbio, tuttavia, trova nulla da ridire sul “Consiglio di Conciliazione“, neo camera di compensazione di invenzione grillo-leghista, che avrà il compito di esautorare il Parlamento del proprio ruolo, portando le discussioni politiche dentro le quattro mura silenziose di una Srl. Mentre si fanno a pezzi gli articoli 1 e 67 della Costituzione, l’intellighenzia di sinistra tace connivente. La verità storica è che dai salotti dei benpensanti non c’è mai stata resistenza al populismo delle destre.

Sabato si è tenuta l’assemblea del Partito Democratico. Un’assise particolarmente tesa, nella quale la maggioranza dei delegati ha scelto di non guardare soltanto al proprio ombelico, ma al futuro del Paese alla vigilia della formazione di uno dei governi più destrorsi della nostra storia. Le dimissioni di Matteo Renzi sono effettive e ratificate. Il vicesegretario Maurizio Martina sta svolgendo la funzione di reggenza, così come deciso dalla direzione nazionale, in attesa della convocazione di un congresso che molto probabilmente si celebrerà entro l’anno. Ci vorrebbe davvero una moratoria delle dichiarazioni scomposte e dei commenti accusatori, che stanno dilaniando la comunità democratica. Chi vuole davvero il bene del Partito Democratico lo dimostri nelle prossime settimane. Ci sono le elezioni amministrative il 10 giugno e tutte le persone che hanno deciso di candidarsi, mettendoci la faccia, meritano che l’intera comunità democratica li sostenga senza distinguo e polemiche di sorta.

A Roma, dove si voterà nel III e nell’VIII municipio, la prima Sindaca donna della capitale ha deciso di chiudere la Casa Internazionale delle Donne. Virginia Raggi si è comportata da vigliacca, lasciando questa decisione ai consiglieri comunali, personaggi che alle prossime elezioni molto difficilmente riusciranno a rimettere piede in Campidoglio. Chi ha partecipato al consiglo comunale di giovedì scorso si è reso conto dello scarso livello dei rappresentanti comunali grillini. Primi fra tutti la Sindaca e la giunta che si sono dati alla fuga, per evitare i fischi e i cori di protesta delle tante donne presenti in aula Giulio Cesare. La prima donna Sindaca di Roma vuole ridimensionare il ruolo delle donne nelle Istituzioni e nella nostra comunità. Lo ha fatto giovedì scorso e lo aveva fatto prima eliminando dallo Statuto di Roma Capitale la parità di genere nella formazione della giunta e arrivando persino a modificare la denominazione della commissione delle Elette. La battaglia per la difesa della Casa delle Donne è appena cominciata. Già oggi dalle 18 il Partito Democratico di Roma e Provincia parteciperà al presidio promosso in via del Tempio di Giove 3. Non c’è spazio a Roma per chi dichiara guerra alle donne.

Giovedì scorso come Pd Roma abbiamo aderito all’iniziativa “Una scorta mediatica“, tornando al Roxy Bar della Romanina, il locale teatro della brutale aggressione al titolare e a una cliente disabile da parte di alcuni esponenti della famiglia Casamonica. Un’iniziativa di solidarietà lanciata da diverse sigle e associazioni del mondo della stampa. Non vogliamo lasciare sole le persone che hanno il coraggio di denunciare i soprusi. Il giorno dopo, di conseguenza, il segretario del Pd Roma Andrea Casu, insieme ad altri militanti democratici, sono stati al centro anziani della Romanina, a pochi passi da quel bar. Bisogna stare dove gli altri hanno deciso di andarsene. Vogliamo immaginare come potrà essere il futuro, ma dobbiamo abitare il presente. Il nostro compito storico in questa città e nel Paese deve essere rimanere al fianco di chi vive le disuglianze e vuole ridurre le distanze sociali.

Mentre a Roma si chiudono i servizi e si abbandonano i quartieri al loro destino, la Sindaca e la sua assessore all’ambiente non trovano di meglio che tirare fuori la storia delle caprette per combattere il degrado. La Coldiretti si dice pure felice dell’idea, perchè grazie alle 50 mila pecore allevate nel Comune di Roma, la capitale potrebbe contare su un vero esercito di tosaerba naturali. L’idea tuttavia genera più ilarità che attenzione e a quel punto sul web nascono le idee più bizzarre, dalle giraffe per potare la alberature alle tartarughe giganti per tappare i crateri delle nostre strade. Diaciamolo chiaramente: l’idea di sostituire falciatrici, decespugliatori e lavoratori del verde con animali e pastori rappresenta il fallimento della politica di manutenzione del verde pubblico di Virginia Raggi, novella Heidi de’noantri. Lo hanno capito bene anche i romani che alla Sindaca, alla continua ricerca di passerelle mediatiche, hanno riservato fischi sia alla Race for the Cure che agli Internazionali Open di Tennis.

La realtà è che i grillini non hanno idea di come manutenere la città, a partire dalle strade e dalle caditoie, fino ad arrivare alle alberature e ai parchi. Tutto il resto sono armi di distrazione di massa, per farci discutere sul web e sulle chat di whatsapp. La verità è che se si vuole portare un bambino a giocare in un parco o in un’area verde attrezzata, devono comunque pensarci i cittadini. Come accaduto a Settebagni, dove i membri dell’associazione “Il mio Quartiere“, gli esponenti del comitato di quartiere e il gruppo scout si sono dati da fare per rendere vivibile il Parco dei Frutti. Senza il volontariato civico la Roma di Virginia Raggi sarebbe un grande zoo a cielo aperto.

Sabato si è aperta la campagna elettorale dei candidati democratici del III municipio Filippo Maria Laguzzi e Francesca Leoncini, alla presenza del Presidente del Partito Democratico Matteo Orfini, del deputato Luciano Nobili, del candidato alla Presidenza del III municipio Giovanni Caudo e del segretario democratico di Roma Andrea Casu. Insieme con Filippo e Francesca in questi anni ho personalmente lavorato in consiglio municipale, per reperire risorse per la scuola pubblica ed in particolare per la riapertura dell’asilo nido a Castel Giubileo e per riqualificare nel cuore di Talenti, Piazza Sergio Corazzini, difesa dai cittadini con le unghie e con i denti. Insieme ci siamo battuti per la chiusura dell’impianto Tmb dei rifiuti di via Salaria, che rappresenta ancora oggi il primo problema da risolvere, per garantire la qualità della vita di migliaia di residenti. Il 10 giugno si vota in III e in VIII municipio, usiamo queste settimane per sostenere il Partito Democratico, la coalizione progressista e i nostri candidati Presidenti Giovanni Caudo e Amedeo Ciaccheri.

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