Le elezioni in Germania ci consegnano una fotografia piuttosto realistica dello stato di salute dell’Unione Europea. La super cancelliera Angela Merkel tiene botta, mantiene la Cdu in testa, pur perdendo 8 punti percentuali rispetto a quattro anni fa, ed avrà molte difficoltà nel trovare una maggioranza, piuttosto spuria nei contenuti, con liberali e verdi. Vengono sconfitti malamente i socialdemocratici dell’Spd, che con Martin Schulz scendono al 20%, perdendo sei punti percentuali. Molto probabilmente i socialdemocratici tedeschi si siederanno fra i banchi dell’opposizione, dove dovranno scontrarsi anche con l’estrema destra dell’Afd, che riporta nel parlamento tedesco un gruppo politico xenofobo, fortemente anti europeista e persino revanscista sul passato. Il crollo dei partiti tradizionali in Germania conferma il trend spagnolo e francese, facendo registrare una pericolosa avanzata delle destre in Europa. La verità è che come capita sempre più di sovente, i sondaggi hanno ceduto il passo alla campagna elettorale, che ha promosso le leadership più forti e polarizzatrici.
Schulz ha certamente commesso degli errori. Non ha attaccato la Merkel sulla sua visione d’Europa, non è stato in grado di indicare un cammino alternativo alla grande coalizione, rimanendone prigioniero e finendo per essere cannibalizzato dalla cancelliera, che ha confermato di muoversi come un panzer in campagna elettorale. Di conseguenza, la scelta dell’Spd di posizionarsi all’opposizione, per costruire un’alternativa politica alla Cdu, non lasciando soltanto all’estrema destra il compito di dare voce al malcontento, è l’unica possibile. Siamo dinnanzi al paradosso delle grandi coalizioni che nascono per assicurare la governabilità ed evitare l’avanzata degli estremismi e del populismo, ma che rischiano, laddovè non producono risultati efficaci, proprio di favorire chi dall’opposizione gioca la partita del disfattismo e della protesta.
Lo scenario tedesco è molto simile a quello italiano. Anche da noi il governo si è formato con un’alleanza spuria per consentire la governabilità, uscire dalla crisi economica ed evitare che la deriva populista minasse i principi democratici. Anche in Italia le forze che sono all’opposizione si caratterizzano per una fortissima spinta anti europeista e xenofoba, utilizzando l’emergenza immigrazione, quale capro espiatorio della crisi economica globale. Non è sufficiente, di conseguenza, rivendicare i risultati ottenuti dai governi democratici, che pure sono riusciti a sbloccare riforme ferme ormai da decenni. C’è bisogno di indicare chiaramente un’orizzonte nuovo, che riesca ad individuare parole d’ordine comprensibili e proporre proposte concrete realizzabili, che incidano sulla vita quotidiana delle persone. Il Partito Democratico deve avere il coraggio di discutere pubblicamente delle questioni più urgenti, dalle azioni da intraprendere per invertire il cambiamento climatico, agli investimenti su fonti di energia alternative e rinnovabili, fino alla discussione sullo ius soli, punto di partenza fondamentale per poter controllare e limitare davvero l’immigrazione clandestina.
L’indebolimento della Merkel in Germania è l’occasione per mettere in discussione alcune delle politiche di austerità dell’Unione Europea, non certo demolendo le basi dello stare assieme, ma ridefinendo il ruolo e la forza dei Paesi che ne fanno parte. Siamo in campagna elettorale, ha detto Matteo Renzi da Imola, “o vincono i populisti, quelli che urlano, oppure noi“. Ha certamente ragione, i nostri avversari sono i leghisti, che si sono comprati le lauree in Albania e hanno portato i diamanti in Tanzania. Sono i grillini che organizzano una consultazione farsa per nominare Di Maio con poco più di 30 mila voti, quando alle ultime primarie democratiche Renzi è stato eletto segretario con un milione e duecento mila voti e i suoi competitor Orlando ed Emiliano ne hanno messi assieme 560 mila. Le primarie sono una cosa seria, come governare l’Italia. Persino il giornalista Marco Travaglio, sempre molto indulgente col M5S, deve essersene accorto, cominciando a prendere le distanze dai grillini con un articolo che vi segnalo (clicca qui).
Se le elezioni si vincessero soltanto con la razionalità, non ci sarebbe competizione. Il Partito Democratico farebbe come la Juventus in serie A. Tuttavia le elezioni si vincono facendo appassionare le persone alle idee con le emozioni. Non basta il grafico di una slide, è necessario ritrovare la passione di una visione. Quella originaria per la quale è nato il Pd, unire i riformisti per immaginare le politiche in grado di garantire la più giusta ed equa ridistribuzione delle risorse del nostro Paese. Non dovremmo mai essere quelli che difendono l’esistente, ma quelli in eterno movimento, disposti ad aprire al cambiamento, senza buttare il bambino con l’acqua sporca, senza sfasciare tutto ed urlare contro chi è più debole, perchè quando si perdono le garanzie democratiche, non c’è più nulla da redistribuire per nessuno.
Quando ascolto i nostri principali competitor alle politiche, da Matteo Salvini a Luigi Di Maio, intravedo gli stessi difetti che imputo alla sindaca di Roma Virginia Raggi. L’insofferenza al lavoro, di cui l’europarlamentare Salvini è piuttosto esperto. L’impreparazione amministrativa, politica e persino culturale, della quale Di Maio ha già fornito numerose prove. Sono limiti oggettivi, che possono persino avvicinare quei leader ad ognuno di noi, ma che non sono compatibili in alcun modo con il ruolo di Presidente del Consiglio di un Paese serio. Intendiamoci in tutto il mondo si può sbagliare nello scegliere un politico, ma quando lo si fa per cariche importanti, come accadde con George Bush negli Stati Uniti, si rischia di condannare un’intera generazione al precariato, come è accaduto alla mia, in conseguenza delle scelte economiche e politiche sbagliate assunte nei primi anni del duemila. Le prossime elezioni politiche, quindi, saranno decisive e influenzeranno i prossimi dieci anni del nostro Paese. Votare contro qualcuno, come comprensibilmente molte persone hanno fatto a Roma, anche per dare uno schiaffo al Pd, sarebbe un errore. Lo sforzo più grande per ognuno di noi, non è votare per qualcuno che ci piace a pelle, ma scegliere con la testa chi pensiamo abbia la capacità, la preparazione e la leadership per guidare l’Italia.
A Roma stiamo pagando amaramente l’avventura dei cinque stelle. Soltanto Virginia Raggi è convinta di governare bene e il dramma è che ormai se lo dice da sola. La realtà è che nei municipi le sue maggioranze sono ormai in subbuglio. Nel III la Presidente Capoccioni non ce l’ha già più e il consiglio, la settimana scorsa, anche grazie al voto di alcuni grillini dissidenti e intelligenti, ha bocciato la delibera bavaglio sulla trasparenza voluta dalla Sindaca e dall’assessore Marzano. Nessuno dei problemi seri della città è stato affrontato. La raccolta differenziata dei rifiuti è ferma, come mai lo era stata negli ultimi anni, con l’assessore Pinuccia Montanari e il direttore generale di Ama Stefano Bina, contestati dai cittadini che da anni lottano contro la puzza del Tmb Salario.
Le strade sono piene di buche e gli uffici tecnici non possono far altro che rinnovare, di mese in mese, le ordinanze per mantenere i limiti di velocità sulle consolari a 30 km orari. Continuano inarrestabili i tagli ai servizi sociali, mentre le scuole con le mense in autogestione, quelle che funzionano meglio, se le vedranno cancellare ben presto. Il tema della sicurezza ormai non esiste nemmeno più nell’agenda della Sindaca, che non fa nemmeno in tempo a commentare una violenza, che già la cronaca ne segnala un’altra. Roma è ormai fuori controllo e la Sindaca dal palco di Rimini, parlando dei suoi successi, cita i concerti di Capodanno e la maratona per la pace. Sembra di vedere una studentessa all’assemblea del consiglio d’Istituto, piuttosto che una Sindaca della capitale del Paese.
Tutta un’Altra Roma, il Festival dell’Unità 2017 prosegue grazie al lavoro dei volontari democratici, che ogni giorno contribuiscono a dare vita a dibattiti, presentazioni di libri ed eventi musicali. Andrà avanti fino al 2 ottobre, tutti i giorni, nell’arena dell’ex mattatoio di Testaccio, alla Città dell’Altra Economia in Largo Dino Frisullo. Una città nella città che ogni giorno si anima di incontri e confronti sul futuro di Roma. Questi giorni al festival interverranno, fra gli altri, il Ministro dell’Istruzione Valeria FEDELI (lunedì 25 ore 20), il Presidente della Regione Lazio Nicola ZINGARETTI insieme a Giuliano PISAPIA (lunedì 25 ore 21), il ministro del lavoro Giuliano POLETTI (martedì 26 ore 19), il Ministro dell’Interno Marco MINNITI (martedì 26 ore 20.30), il Presidente del Partito Democratico Matteo ORFINI (mercoledì 27 ore 19) e il sottosegretario alla Presidenza del consiglio Maria Elena BOSCHI (mercoledì 27 ore 21). Per vedere il progamma completo basta usare questa applicazione (clicca qui).
p.s. chiudo con il saluto al prof. Giovanni Laurenza, che questa settimana ha festeggiato al Matteucci il suo pensionamento insieme a studenti, docenti, genitori ed amici. Giovanni ha raccolta l’affetto delle tantissime persone che lo conoscono quale persona straordinaria, capace di consacrare la propria vita alla scuola pubblica. Per me è stato uno di quei bravi maestri ed esempi di vita, di cui si ha assoluto bisogno per crescere e maturare.