“Le parole sono importanti” urlava in cuffia da pallanuoto e accappatoio Nanni Moretti ad una giornalista che lo intervistava, colpevole di aver usato frasi fatte, termini imprecisi e inutili anglicismi. “Palombella rossa” è certamente uno dei film cult della sinistra italiana e descrive ancora oggi efficacemente il sentimento dei tanti, che in queste ore hanno commentato sui social e sui giornali la sentenza di primo grado del processo “Mondo di mezzo“. Il tentativo da parte di alcuni (in buona fede) di riabilitare il buon nome di Roma, ma soprattutto di quelli (in malafede) di delegittimare le indagini della Procura e la magistratura, non deve trovare terreno fertile nella nostra città. Per prima cosa perchè nonostante la sentenza di primo grado non abbia riconosciuto l’aggravante mafiosa, ha comunque certificato l’esistenza di un’associazione criminale semplice, capace di mettere insieme la destra eversiva di Massimo Carminati, l’imprenditoria sociale di sinistra di Salvatore Buzzi ed un’intera classe di funzionari e politici corrotti del Comune di Roma.
Cantare vittoria per la caduta dell’aggravante mafiosa, dinnanzi ad una sentenza che assegna oltre 250 anni di galera a 43 imputati, non è soltanto surreale ma persino pericoloso. In secondo luogo perchè la corruzione e il malaffare sono i grimaldelli di qualsiasi organizzazione criminale ed hanno come conseguenza diretta la cattiva gestione della cosa pubblica. Infine la ragione probabilmente più importante. Lo ha detto bene il capo della polizia Franco Gabrielli: “la corruzione è l’incubatrice delle mafie“. Se è certamente vero che le sentenze non si commentano, spetta comunque alla politica fare i conti con la realtà oggettiva dei fatti e non fermarsi, appunto, alla forma delle parole. Per i giudici di primo grado quella di Carminati non è un’organizzazione mafiosa. Tuttavia basta girare la città per rendersi conto che le mafie esistono, come in tutto il resto del Paese e che sono più forti che mai. Lo ha scritto chiaramente il Presidente del Partito Democratico Matteo Orfini su un articolo per Left Wing (clicca qui), lo ha ribadito giustamente il Governatore del Lazio Nicola Zingaretti e lo ha sintetizzato per romatoday il giornalista Enrico Pazzi (clicca qui), da sempre in prima fila su questi argomenti.
Le mafie esistono e controllano dai tetti con le vedette i traffici di droga nelle piazze dello spaccio a Tufello, San Basilio, San Lorenzo… Hanno un capillare controllo del territorio ad Ostia, dove è difficile accedere all’Idroscalo senza che vi siano sentinelle ad accoglierci. Basta andare dall’altra parte della città dove regnano i Casamonica o percorrere a tutte le ore del giorno la via Salaria o le vie dell’Eur per rendersi conto del capillare controllo sullo sfruttamento della prostituzione in strada. Si può persino chiedere ai turisti del centro quanti locali chiusi siano sequestrati, perchè controllati dalla mafia. Non c’entra nulla l’orgoglio di essere romani. La mafia c’è e dire il contrario equivale ad aiutarla a nascondere i propri interessi. Non dovrebbe essere consentito a nessuno, ma chi si occupa di politica non può permettersi questo lusso, soprattutto se milita nel Partito Democratico ed ha passato gli ultimi anni a denunciare corruzione, malaffare e interessi delle criminalità organizzate.
Il punto è che non esiste più una sola mafia, la cosa nostra che abbiamo imparato a conoscere con la serie degli anni ottanta “La piovra“. Le organizzazioni criminali sono molteplici, con strutture più smart, ma collegate e spesso in legami d’affari fra loro. Ci sono ancora i morti sulle strade, come chiedeva Giuliano Ferrara all’avvio dell’inchiesta romana, ma più spesso si preferisce comprare un funzionario della pubblica amministrazione o favorire l’ascesa dell’amministratore pubblico che potrà garantire appalti e coperture. In sostanza la mafia si è trasformata in una start-up capace di innovare i propri metodi d’azione per eludere il più possibile l’ormai vetusto 416-bis del codice penale. Il compito della politica, quindi, non è derubricare quello che abbiamo sotto gli occhi o persino di negarlo, bensì quello di aggiornare le leggi per migliorare la lotta alle mafie, per onorare per davvero la memoria di chi, come Giovani Falcone e Paolo Borsellino, hanno dato la propria vita per il Paese. Altrimenti avremo sempre più episodi come il danneggiamento della stele del giudice Rosario Livatino alla periferia di Agrigento e del busto di Giovanni Falcone nel quartiere Zen di Palermo. Non si deve permettere a nessuno di fare confusione, trasformando una sentenza su una singola associazione, in un colpo di spugna sulla presenza di infiltrazioni mafiose nella nostra città.
Nei prossimi giorni i romani si troveranno ad affrontare il problema del razionamento dell’acqua, mentre la Regione Lazio ha giustamente deciso di salvaguardare il lago di Bracciano dal disastro ambientale. C’è un problema molto serio legato ai cambiamenti climatici e di conseguenza alla siccità. E’ una questione globale destinata a peggiorare nel prossimo futuro, visto che gli Stati Uniti di Donald Trump si sono ritirati dagli accordi sul clima di Parigi. Anche su questa questione c’è chi continua a negare, per interessi economici, l’esistenza di un cambiamento climatico di cui ormai ci rendiamo conto anche noi profani, senza bisogno del supporto dei numerosi studi scientifici comunque esistenti. Negli Stati Uniti una larga maggioranza di cittadini americani (69%) sono convinti che il riscaldamento globale sia una realtà, sono consapevoli che sia provocato dalle azioni dell’uomo e quindi si dicono favorevoli agli accordi di Parigi. Tuttavia Trump pensa il contrario e siccome è lui il Presidente decide in base alle sue convinzioni ed interessi. E’ incredibile come quando si tratti di questioni di vitale importanza come l’acqua, la vita, i diritti e la legalità, ognuno di noi si trovi a pensare come quanto poco questi temi siano contati nel dibattito politico prima del voto. Durante una campagna elettorale troppo spesso non si conoscono le opinioni e soprattutto le soluzioni proposte dai candidati. Chi si sarebbe mai immaginato che la massima azione della Sindaca di Roma Virginia Raggi sulla questione dei razionamenti dell’acqua, sarebbe stata chiedere ad Acea e Regione Lazio di risolvere la questione, limitandosi a chiudere i nasoni. Chi avrebbe scommesso che il problema delle buche, sarebbe stato affrontato abbassando i limiti di velocità. E sfido chiunque ad aver previsto il mental coach per convincere i nomadi a trovare un lavoro onesto. Insomma mentre finalmente la fantasia è al potere, la città è piombata in un incubo.
Tanto che in queste settimane si parla molto sui social del referendum sui trasporti pubblici proposto dai radicali. La prima direzione del Partito Democratico di Roma, aperta a iscritti e amministratori, ha assunto una posizione netta su questo tema, sulla base dell’idea che il referendum sia uno strumento politico dei cittadini, ma non un fine dell’azione politica e certamente nemmeno la prima opzione del Partito Democratico. Per questa ragione il Pd costruirà una proposta politica seria, con il contributo della capogruppo Michela Di Biase, dei rappresentanti istituzionali in Comune, dei nostri rappresentanti in Regione Lazio e di parlamentari e personalità come Roberto Giachetti, Walter Tocci, Stefano Esposito, Marco Causi, Fabrizio Panecaldo, oltre ai compagni e agli amici dei circoli tematici di settore e del forum trasporti. A settembre, durante la Festa dell’Unità, apriremo una discussione che si concluderà con un referendum tra gli iscritti per definire la posizione del Pd da presentare ai cittadini romani. A chi ha definito questo percorso, indicato dal segretario Andrea Casu, eccessivamente lungo e laborioso, rispondo come sia assolutamente necessario tornare a discutere di politica con i tempi adeguati. Sono convinto che essere un pò più lenti nell’assumere una decisione condivisa, possa consentirci di essere più veloci e convinti quando si tratterà di spiegarla ai cittadini. Anche perchè in politica correre troppo velocemente o peggio inseguire gli altri non sempre è la scelta giusta. In sintesi, grande rispetto per chi firma il referendum, ma il Partito Democratico farà comunque la propria proposta politica.
Le prime azioni del segretario romano Andrea Casu hanno riguardato il tema dei rifiuti. Bene ha fatto ad esprimere vicinanza e sostegno alle rivendicazioni dei cittadini di via Salaria e Rocca Cencia. Dopo un anno le promesse della Raggi sono già state tradite. A Rocca Cencia Roma Capitale, dopo aver negato l’utilizzo solo per le emergenze dell’impianto Ama, ha dato parere favorevole alla riapertura del tritovagliatore privato nell’area che la passata amministrazione aveva chiuso. Il prossimo 27 luglio si svolgerà un consiglio comunale straordinario, nel quale si chiederà al sindaco di rendere conto di queste scelte che rischiano di trasformare Rocca Cencia nella nuova Malagrotta romana. Sabato mattina Casu è venuto in sopralluogo anche al Tmb Salario, dove i cittadini segnalavano per l’ennesima volta la puzza. Una puzza che il 7 giugno l’assessore all’ambiente Pinuccia Montanari non riusciva a sentire bene. Quella prima di lei, prima che fosse cacciata per questioni giudiziarie, giustificava la presenza dell’impianto nel centro abitato. E’ palese che sui rifiuti, come per il trasporto pubblico e l’emergenza idrica, i grillini non abbiano idea di cosa fare.
Ho finito di leggere il libro “Avanti” di Matteo Renzi e lo sono andato ad ascoltare alla presentazione romana ai Granai. E’ un libro di politica che racconta questi anni con lucidità e la consueta ironia e sagacia. Si legge tutto d’un fiato e racconta molti retroscena della vita personale e politica del segretario democratico. Quello che mi ha davvero stupito molto è che nessuno dei protagonisti chiamati in causa abbia smentito nel merito le ricostruzioni dell’autore. Di solito vuol dire che sono vere. Solo per questo vale la pena leggerlo, per avere chiaro quanto accaduto in questi anni. Potrà piacere anche a quelli che non sono troppo convinti dalla politica del segretario, poichè ci sono numerosi passaggi di autocritica, a dimostrazione che si può e si deve imparare dagli errori.
Chi invece persevera nell’errore sono quelli che, rinchiusi in una chat ideologica del 2-3%, attaccano Giuliano Pisapia per un abbraccio a Maria Elena Boschi. La definisco chat e non partito, perchè un partito è qualcosa di molto serio che dovrebbe fondarsi sulle idee e non sull’odio e le antipatie. Ha ragione Pisapia a trovare queste polemiche, che arrivano dai suoi compagni di strada di Mdp, assurde, irreali e vergognosamente strumentali. Il problema è che sono geneticamente così, attaccano sempre e comunque il leader del momento. Prima era Renzi, ora tocca a Pisapia, che ha già precisato come il “Pd e il suo popolo non siano il nemico“. Questo dovrebbe essere l’atteggiamento corretto. Rimanendo in tema di segreteria nazionale sono stati nominati, nel fine settimana, i responsabili dei dipartimenti nazionali (clicca qui). A tutti un in bocca al lupo di buon lavoro.