Oddio è lunedì #248 – negli Stati Uniti ci sono più armi da fuoco che abitanti

I due attentati in pochi mesi contro il candidato alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump, si inseriscono in una lunga storia di violenze politiche negli Stati Uniti, un fenomeno che ha visto quattro presidenti assassinati  Lincoln, Garfield, McKinley, Kennedy, 

altri come Reagan feriti gravemente e altri ancora bersaglio di attacchi come Harry Truman, Gerald Ford per ben due volte e Richard Nixon.

La violenza contro i leader politici non solo scuote il Paese dal punto di vista emotivo, ma ha conseguenze significative sulla campagna elettorale, creando un clima di insicurezza che alimenta la polarizzazione politica. Nel caso degli attentati a Trump, poi, il rischio concreto è che questi episodi gravi, che vanno condannati senza alcuna reticenza come già fatto dalla candidata democratica Kamala Harris, finiscano per rafforzare ulteriormente le divisioni già profonde tra i sostenitori e gli oppositori dell’ex presidente.

Un aspetto centrale di questi episodi è il tema del facile accesso alle armi negli Stati Uniti. Si stima che i civili statunitensi possiedano 393 milioni di armi da fuoco, e che dal 35% al 42% delle famiglie del Paese abbia almeno una pistola. Insomma negli Stati Uniti ci sono più armi da fuoco che abitanti. Ne consegue che gli USA hanno di gran lunga il più alto numero stimato di armi pro capite al mondo, con 120,5 pistole ogni 100 persone. Ogni anno 40mila americani muoiono in attacchi con armi da fuoco, molto facili da reperire: si trovano fucili d’assalto venduti online a 500 dollari. Il 15% delle cause di morte infantile è legata al possesso di pistole. Inoltre, cinque donne al giorno perdono la vita per causa di uomini violenti e armati. La cultura delle armi è profondamente radicata nella società americana, e i repubblicani, compreso Donald Trump, hanno sempre sostenuto il diritto costituzionale al loro possesso, opponendosi a misure più restrittive. Una posizione che non è cambiata nemmeno dopo questi episodi e che ha portato lo stesso Trump a difendere la diffusione delle armi come una garanzia di libertà personale e sicurezza. Tuttavia, è innegabile che questa posizione contribuisca a creare un ambiente di maggiore rischio, persino per lo stesso Trump, nel quale le armi possono facilmente finire nelle mani sbagliate.

In Europa, al contrario, le normative sulle armi sono molto più restrittive e il possesso è regolato in modo rigoroso, con l’obiettivo di prevenire atti violenti e proteggere la sicurezza pubblica. La differenza tra le due realtà è evidente: mentre negli Stati Uniti la difesa delle armi è considerata un diritto inalienabile, in molti Paesi europei prevale la consapevolezza che limitare l’accesso alle armi sia essenziale per prevenire tragedie e migliorare la sicurezza collettiva.

L’approccio permissivo degli Stati Uniti in materia di armi, sostenuto da una parte consistente della politica, rappresenta un grave rischio per la sicurezza nazionale. Condannare questa politica e promuovere un controllo più rigoroso sarebbe un passo decisivo verso una maggiore sicurezza per i cittadini e per i rappresentanti politici. In un Paese dove gli attentati contro le figure di spicco non sono una novità, la regolamentazione delle armi dovrebbe essere una priorità. 

Peraltro secondo molti sondaggi gran parte degli americani non ha dubbi sul fatto che qualcosa debba cambiare e anche in fretta. Tuttavia nessuno dei due candidati alla Casa Bianca avrà il coraggio di togliere le armi ai cittadini qualora vincesse le elezioni, come si è chiaramente capito dall’ultimo duello televisivo fra Kamala Harris e Donald Trump.  Questo perché l’arma da fuoco è un simbolo di indipendenza e libertà e fa profondamente parte dell’identità nazionale, tanto da essere scolpito nel secondo emendamento della Costituzione. Da europei dovremmo tenerne conto, soprattutto in momenti delicati per l’ordine mondiale come quello che stiamo attraversando.

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