Oddio è lunedì #116 – ai neo fascisti si deve rispondere come Jim Carrey e Simone

In Libia la situazione sta precipitando nel caos. Mentre l’Onu era impegnata nell’organizzazione della Conferenza di pace, in programma da 14 al 16 aprile, gli scontri fra l’autoproclamato Libyan national army (Lna), guidato dal comandante Haftar e le forze del governo di unità nazionale (Gna), guidate dal premier Fayez, sono ormai arrivate alle porte di Tripoli. La prossima settimana le scuole della capitale rimarranno chiuse e i cittadini stanno già iniziando le scorte di carburante e generi alimentari. La Libia, insomma, è già sprofondata nella guerra civile, nell’assoluta incapacità della comunità internazionale di intervenire, probabilmente anche a causa della simpatia di Francia e Russia per Haftar. Mentre il governo italiano usa i disperati raccolti in mezzo al mare per mero consenso elettorale, la comunità internazionale sta perdendo la Libia e tanti italiani che sono nel Paese per lavoro sono costretti a tornare.

Haftar, l’uomo forte della Cirenaica, possiede tutti i connotati del dittatore o come preferiscono chiamarlo da queste parti del rais. Ha combattuto in Ciad al fianco di Muammar Gheddafi, per poi dedicare due decenni del suo esilio in Virigina negli Stati Uniti per tornare a destituirlo. E’ stato alleato delle milizie islamiche, prima di dichiarare loro guerra. Recentemente a Palermo aveva promesso di rispettare il ruolo di Tripoli, mentre in queste ore le sue milizie stanno cercando di invaderla. Il caos in Libia può avere ripercussioni pericolose per l’Europa e di conseguenza per il nostro Paese. Sembrano lontinissimi i tempi colorati delle primavere arabe. L’abbandono al proprio destino dei popoli dei Paesi arabi che si affacciano sul Mediterraneo da parte dell’Europa ha sfaldato le speranza di democrazia e libertà, riportando alla ribalta il disordine e la sete di potere. Di questa responsabilità l’Europa e la comunità internazionale portano l’onta del disonore. Ogni volta che la storia ci pone di fronte all’incapacità di governare le controversie internazionali attraverso la diplomazia e i processi di pace, mi tornano alla memoria le parole profetiche di Winston Churchill, pronunciate alla Camera dei Comuni il 5 ottobre del 1938: “dovevate scegliere tra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra“.

In Italia si discute di molte cose, ma pochissimo di quelle davvero importanti. Nei giorni scorsi lo studio di “The European House-Ambrosetti” presentato a Cernobbio, ha sentenziato come in proiezione il rapporto debito pubblico/prodotto interno lordo non sia sostenibile. La spiegazione è piuttosto banale. Poichè la condizione fondamentale affinché un debito pubblico sia sostenibile è che il tasso di crescita dell’economia sia superiore al tasso d’interesse del debito stesso, le prospettive sul Pil italiano non lasciano scampo. Le stime sul 2019, infatti, oscillano fra il più 0,6% del Fondo Monetario al drammatico meno 0,2% dell’Ocse e ci spiegano come il nostro debito pubblico continuerà a crescere. Proviamo a fare un parallelo con la nostra storia recente. Il rapporto tra debito e Pil attualmente è del 22% superiore al picco raggiunto durante la seconda guerra mondiale. Ed è appena il 18% sotto il livello massimo storico raggiunto dopo la prima guerra mondiale nel 1920. Alla vigilia della nascita del fascismo per capirci. Di conseguenza non dovrebbe stupire l’avanzata delle forze di destra quali la Lega di Matteo Salvini o la crescita nelle periferie di quelle neo fasciste quali Casapound.

Il rapporto individua tre motivazioni strutturali fra le principali cause della recessione: la scarsa produttività, la scarsa formazione del capitale umano e lo scarso livello di investimenti. La produttività italiana è cresciuta del 6,7% negli ultimi 23 anni, contro il 31,6% della Germania, il 27,8% della Francia, il 16,8% della Spagna e il 27,4% medio dell’Unione europea. La ragione principale è che in Italia manca la formazione, non si scelgono le persone in base al merito, si investe poco sulla digitalizzazione e di conseguenza si lascia ampia strada alla corruzione e alle diverse mafie, che assorbono molti punti di Pil. In sostanza non può crescere un Paese che mette sempre le persone sbagliate nei posti sbagliati e che non possiede cultura manageriale. La questione è davvero seria.

Il nostro è il Paese con la percentuale di laureati più bassa (solo il 17,7% della popolazione) e che investe meno in istruzione. La politica invece di invertire il trend, ha deciso di farne un cavallo di battaglia, intercettando la comprensibile frustrazione delle persone e raccontando loro fandonie sull’inutilità dei titoli di studio o degli investimenti della ricerca. Per la prima volta un governo ha teorizzato che l’ignoranza al potere possa generare ricchezza e benessere. Non è mai accaduto nella storia e di certo non accadrà in futuro. La ricetta grillo-leghista è valida soltanto per vincere le elezioni, ma è fallimentare per governare un Paese.

Come già anticipato in Italia si parla d’altro. Le cronache dei giornali sono piene di inchiostro per Torre Maura, un quartiere periferico di Roma, messo a ferro e fuoco da un manipolo di fascisti di Casapound, che strumentalizzando la rabbia dei residenti per un trasferimento di rom, ha inscenato una serie di vergonose manifestazioni razziste. Partiamo dalla diritto. La guerriglia urbana di questi giorni si configura senza dubbio come un reato penale, che è definito “istigazione all’odio razziale” ed è punibile da uno a tre anni di carcere. Arriviamo alle responsabilità. Tutte e dico tutte del Comune di Roma, incapace di preparare e gestire un normale trasferimento da una struttura ad un’altra. Concludiamo con le reazioni. Per giorni le forze politiche democratiche hanno avuto troppe difficoltà e reticenze ad intervenire.

Ci aveva messo molto meno l’attore Jim Carrey a rispondere al tweet di Alessandra Mussolini che lo definiva un “bastardo“, per aver pubblicato una vignetta con Benito Mussolini e Claretta Petacci appesi a testa in giù, per spiegare l’esito finale al quale giunge una dittatura come il fascismo. Jim Carrey ovviamente non sapeva nemmeno dell’esistenza di una tale Alessandra Mussolini, nonostante i gloriosi passati cinematografici dell’attuale Europarlamentare, ma nonostante questo aveva voluto replicare al tweet dell’eurodeputata, definendo preoccupante il fatto che lei avesse un incarico politico, “non tanto perchè lei non possa avere un incarico, ma perchè è evidente che creda ancora nel male“. In sostanza Carrey ci ha messo due minuti a dire quello che bisognerebbe rispondere ad ogni fascista che ancora crede nel male.

In verità ci ha messo un attimo anche Simone, l’adolescente di Torre Maura che di fronte all’evidente strumentalizzazione politica di Casapound nel suo quartiere, ha alzato la testa e senza alcuna paura ha deciso di affrontare quei tizi che facevano il saluto romano, per dire loro quanto fosse insopportabile prendersela sempre con una minoranza. Al tentativo di paternale insopportabile da parte di un cinquantenne neo fascista, un ragazzo della periferia romana ha replicato quello che tutti i romani dovrebbero urlare, ovvero che non possa essere colpa dei rom se il Comune di Roma ha lasciato nel degrado e nell’abbandono i quartieri della capitale. Ormai Roma è amministrata da tre anni dalla Sindaca grillina Virginia Raggi, protetta del vicepremier Luigi Di Maio, alleato del Ministro degli Interni Matteo Salvini. L’equazione è semplicissima: Raggi=Di Maio=Salvini. Dovrebbe ormai essere chiaro a tutti o almeno a quelli che fino all’anno scorso sbraitavano che Verdini, Alfano e Renzi fossero la stessa cosa, soltanto perchè alleati nello stesso governo.

Bene ha fatto il Partito Democratico di Roma ad essere in piazza a Torre Maura, così come sostengo la scelta del Presidente del III Municipio Giovanni Caudo di esporre uno striscione sul palazzo di Piazza Sempione, per sostenere quelli che si ribellano a chi vorrebbe riportarci nel passato. Tuttavia non basta più indignarsi e nemmeno scendere in piazza per reazione. E’ necessario costruire una prospettiva per il futuro di questa città. Si tornerà al voto al massimo fra due anni, forse anche prima qualora la Sindaca dovesse continuare ad essere coinvolta negli scandali che hanno portato all’arresto di molti dei suoi collaboratori. Per questa ragione servono progetti e prospettive per rilanciare Roma.

In III municipio ho deciso di sostenere con convinzione la raccolta firme del “Comitato Metro B1 a Porta di Roma”, che insieme ad altri comitati già esistenti a Roma, vuole darsi da fare per mantenere il progetto di prolungamento della Metro B1 fino a Bufalotta-Porta di Roma, passando per il quartiere di Vigne Nuove. I grillini vorrebbero cancellare il prolungamento della Metro B1, previsto dal Piano Regolatore Generale, per sostituirla con la solita astrusa funivia. La verità è che non vogliono fare nulla. La paralisi in cui è stata gettata la capitale è intollerabile e per questa ragione è necessario ricostruire una coesione fra le forze di opposizione democratica, i comitati di quartiere e l’associazionismo organizzato, capace di dare vita ad un nuovo Rinascimento della Capitale. Roma può tornare ad essere il motore del Paese, come è già stata nel recente passato. Ci vogliono rinnovamento, merito ed idee che guardino al futuro. Per discutere insieme anche di questi temi vi aspettiamo mercoledì 10 aprile dalle ore 18 presso la sezione di Nuovo Salario (Piazza Bortolo Belotti 37) per parlarne con la consigliera capitolina Giulia Tempesta. Passiamo dalle parole ai fatti, l’Italia ha bisogno di Roma e la capitale ha necessità dell’impegno di tutti noi.

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