La doppia morale non mi ha mai convinto. Sarà forse perché sono cresciuto con in testa le parole e l’esempio di Enrico Berlinguer, che di tanto in tanto vado a rileggermi per non perdere mai la bussola della mia azione politica.
“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci ladri, corrotti, concussori in alte sfere della politica e dell’amministrazione, bisogna scovarli, denunciarli, metterli in galera. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti, con la guerra per bande, con la concezione della politica e con i metodi di governo. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano” (28 luglio 1981).
Quando queste parole furono pronunciate uno della mia generazione aveva tre anni. Eravamo nella fase finale degli anni di piombo e probabilmente dentro la tangentopoli, che negli anni 90 avrebbe disintegrato il sistema politico della Prima Repubblica. È persino retorico ricordare che proprio in quegli anni Silvio Berlusconi, l’avversario ormai storico del centrosinistra italiano, muoveva i primi passi per conquistare l’impero economico e mediatico, con il quale sarebbe riuscito a mettere sul proprio libro paga più della metà del Paese.
In quegli anni uno come Nichi Vendola, uno dei tanti fallimenti di leadership della sinistra italiana, era già impegnato in politica dal 1972, data della sua prima iscrizione alla FGCI militando nella sezione del Partito Comunista Italiano di Terlizzi. Vendola era quindi uno che aveva 23 anni quando Berlinguer spiegava al paese l’essenza del problema italiano, ovvero la cosiddetta questione morale. Una questione che anche oggi non investe soltanto la corruzioni tout court, ma che chiama in causa i rapporti intollerabili ed inconfessabili fra potere politico, finanza, imprenditoria, vaticano e massoneria.
Forse è per questa ragione che trovo persino nauseante la telefonata di Vendola e le risate nei confronti di un giornalista che in Italia ha osato fare il proprio lavoro di guardiano della società. Un poveraccio in effetti se ci pensiamo bene. Come altro potremmo definire un giornalista che nel nostro Paese possa pensare di fare domande liberamente ad un potente. Sicuramente uno che non ha capito nulla, persino da schernire, perché al suo posto nei giornali che contano saranno sempre assunti lacchè e prezzolati.
Intendiamoci non c’è nulla di rilevante penalmente (e ci mancherebbe pure) in quello che dice al telefono il governatore della Puglia, tuttavia emerge ancora una volta una complicità intima e compiaciuta fra potere politico e la peggiore imprenditoria di questo paese. Una modalità intollerabile che ricalca esattamente quanto accaduto nel caso del ministro Cancellieri.
Le intercettazioni telefoniche, giustamente tanto odiate dai potenti, fanno emergere nuovamente questa falsa morale tutta italiana, dove davanti alle telecamere ci si erge a paladini dei più deboli e sostenitori della legalità e della giustizia, salvo poi ridere, scambiandosi pacche sulla spalle e “garanzie” reciproche, per spartirsi quello che rimane di questo misero Paese.
Ho tanti amici perbene che militano in Sinistra, Ecologia e Libertà con spirito onesto e che provengono da una storia personale di specchiata moralità. Hanno scelto Sel magari proprio per il rischio della contaminazione che la nascita del Pd implicitamente portava con se. Uno rischio peraltro che nel Partito Democratico è diventato troppo spesso una certezza. Per questa ragione in questo momento sono soprattutto vicino a loro, che si trovano a dover osservare la pietra tombale della reputazione del proprio leader. Perché appare molto chiaro che quello che è accaduto rappresenta per Vendola lo stesso tsunami che distrusse la credibilità politica e personale di Di Pietro dopo la trasmissione Report e Violante dopo il discorso alla Camera di Berlusconi.
Se Vendola ha a cuore questo patrimonio di persone si dimetta senza fiatare. Non chiami in causa presunti complotti od attacchi dei poteri forti. Non ci imponga il copione scritto ed interpretato per venti anni dal Cavaliere. Faccia la cosa più giusta per un uomo che si dichiari di sinistra. Lasci ad altri il compito di ricostruire la credibilità della sinistra italiana e dia l’esempio che Enrico Berlinguer gli ha insegnato quando lui era ancora un giovane idealista.