Ho partecipato al “No B-Day”. L’avrei fatto come comune cittadino e l’ho fatto con ancora maggiore convinzione come consigliere del Partito Democratico del IV Municipio di Roma e militante di centrosinistra in generale. Non ho avuto tentennamenti e il risultato della manifestazione di oggi credo abbia confermato la giustezza della scelta, compiuta da tutti coloro che sono scesi in piazza per protestare civilmente contro la corruzione e l’illegalità portata avanti senza alcun pudore dall’attuale governo Berlusconi.
Ho partecipato perchè credo che oggi la società civile sia riuscita a superare i partiti. L’onda viola ha invaso Roma. Coloro che sono intervenuti sul palco hanno parlato di politica. Non hanno insultato nessuno. Non si sono fatti strumentalizzare. Hanno gridato la semplice verità. Hanno detto quello che molti leader dei partiti di centrosinistra non riescono più da tempo ad affermare con sufficiente convinzione. Hanno chiesto alla politica di risolvere il conflitto di interessi messo a tacere per anni. Hanno chiesto ai politici, Berlusconi in primis, di farsi processare come tutti i normali cittadini. Hanno gridato lo sdegno per lo strapotere della mafia infiltrata ormai ovunque, persino nella nostra Regione. Hanno chiesto di rispettare la tripartizione dei poteri,
consentendo alla magistratura di fare il proprio dovere senza essere continuo oggetto di attacchi destabilizzatori. Hanno invocato un’informazione libera degna di una democrazia moderna, dove le notizie non siano filtrate e manipolate. Vorrebbero, in sostanza, un Paese normale. Dove il Presidente del Consiglio, destinatario di un avviso di garanzia o imputato in un processo, si dimetta lasciando il posto ad un altro leader della sua stessa maggioranza. Nessun ribaltone, semplicemente il senso Istituzionale che vuole al vertice delle Istituzioni figure rappresentative e possibilmente immacolate.
C’erano molte persone provenienti da tutta Italia. Persone di molte categorie sociali differenti unite dal comune sentire che fotografa un Paese ferito, fermo, nel quale i giovani sono costretti a fuggire all’estero per trovare lavoro, gli anziani sono rinchiusi in casa a guardare la televisione, le donne sono segregate nel ruolo di oggetto sessuale e gli uomini sono costretti a “prostituire” le proprie idee per non incorrere nelle reazioni del potere. C’erano anche tanti militanti dei partiti politici. Tanti rappresentanti dell’associazionismo di base. A marciare per le strade di Roma c’era persino qualche deputato, incapace di resistere al richiamo del proprio popolo, lo stesso al quale viene chiesto il voto alle elezioni.
La destra ha già criticato la manifestazione. Qualcuno ha cominciato anche il gioco dei numeri. Domani i giornali del capo grideranno allo scandalo. La sostanza però non cambierà. Nessuno potrà, da oggi, evitare di fare i conti con quello che è accaduto. In piazza sono scese persone isolate, legate non da vincoli solidaristici quali possono essere quelli associativi legati a partiti, sindacati od associazioni. Per l’organizzazione dell’evento si sono scelti i social forum presenti su internet, bypassando i canali mediatici in mano al governo. E nonostante queste difficoltà il messaggio è arrivato. Le persone erano in piazza. E domani nei bar e nelle piazze si parlerà di quello che è accaduto. E molti di quelli che non usano la rete si domanderanno perché non ne sapevano nulla. Proprio qui stanno a mio avviso le due principali novità prodotte da questa manifestazione.
La prima è il richiamo non celato alle rivoluzioni colorate, appellativo attribuito dai media ad una serie di movimenti simili che si sono sviluppati principalmente in alcuni stati post-sovietici per protestare con metodi non violenti e di disobbedienza civile contro governi ritenuti corrotti e autoritari. Tutte le rivoluzioni colorate hanno adottato uno specifico colore o fiore come simbolo ed un moderno marketing politico, creando gruppi di educazione alla democrazia e distribuendo adesivi, impermeabili e altre forme di merchandising e sono state sostenute da gruppi studenteschi e da organizzazioni non governative. In tutte le occasioni manifestazioni di massa hanno portato alle dimissioni o alla sconfitta del vecchio leader in elezioni immediatamente successive. In questa occasione, quindi, e visto anche l’inquietante scenario politico, potremmo trovarci dinanzi ad un fenomeno analogo che potrebbe avere un seguito popolare tale da mettere seriamente in discussione la legittimità del governo in carica. Non saranno immuni, a mio avviso, da questa dinamica anche le attuali forze di opposizione. Un mancato riconoscimento da parte delle forze di opposizione all’attuale governo dell’importanza politica di questa manifestazione rischierebbe definitivamente di scavare un solco fra società civile organizzata e partiti politici con scenari futuri difficilmente prevedibili. Se da una parte a livello amministrativo potrebbe essere plausibile un ritorno massiccio alle liste civiche, dall’altra nella politica nazionale potrebbe nascere l’esigenza di un forte ricambio dell’attuale classe dirigente del Paese.
La seconda è legata al rapporto fra cittadini e media. Per sconfiggere il sistema di potere dell’attuale governo in carica è indubbio che bisogna sconfiggere il sistema di disinformazione costruito in questi anni dalla televisione e da una serie di giornali di basso intrattenimento. Da una parte internet può svolgere questo compito grazie alla capacità di penetrazione fra i giovani acculturati fra i quindici e i quaranta anni, non a caso i più presenti oggi in piazza. Dall’altro appare necessario immaginare forme di comunicazione allargata anche ad altre fasce della popolazione, in grado di reperire informazioni soltanto attraverso la televisione. Un attacco culturale al degradato modello televisivo italiano deve essere costruito nelle Università e nelle Scuole, affinché possa essere portato fin dentro le case degli italiani. Non potendo più i nonni essere depositari del sapere, siano i nipoti a portare quel sapere nelle case.
Per rispondere a coloro che condividono lo sdegno per l’attuale governo, ma hanno preferito non partecipare al “No B Day” perché “ennesima cerimonia popolare completamente slegata da un lucido disegno politico che pretende di investirsi dell’intera indignazione popolare verso Berlusconi”, voglio far notare che la novità sta proprio nel fatto che questa manifestazione non sia stata un evento organizzato dai partiti. A muoversi ci sono le persone che la politica non la fanno, ma che hanno capito che la cattiva politica può distruggere il loro futuro e quello dei propri figli. E’ così che si inizia a fare politica. E’ così che nascono le rivoluzioni. Quando le persone che non fanno politica iniziano a farla sul serio.