Il senso della vergogna

imageStefano Fassina, parlamentare del Pd eletto grazie ai voti dell’apparato del partito alle parlamentarie del Pd del 2012 e poi nominato vice ministro del governo di larghe intese guidato da Enrico Letta, ha dichiarato ieri a Sky Tg24 di aver provato “vergogna” per l’incontro sulla riforma della legge elettorale fra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi nella sede nazionale del Pd a Roma.

La vergogna è un sentimento che accompagna l’auto-valutazione di un fallimento globale nel rispetto delle regole, scopi o modelli di condotta condivisi con gli altri. Da una parte è una emozione negativa che coinvolge l’intero individuo rispetto alla propria inadeguatezza, dall’altra è il rendersi conto di aver fatto qualcosa per cui possiamo essere considerati dagli altri in maniera totalmente opposta rispetto a quello che avremmo desiderato. Fassina, quindi, si è vergognato in quanto dirigente politico del Pd per le scelte del suo segretario eletto dalle primarie.

La vergogna è un sentimento particolarmente conosciuto dall’elettorato del centrosinistra. Tutti ci siamo vergognati quando La Repubblica in un’intervista del 1995 all’allora segretario dei Democratici di Sinistra Massimo D’Alema coniò il termine “inciucio”, per sintetizzare il cosiddetto “patto della Crostata”, un accordo fra Massimo D’Alema e Silvio Berlusconi che sarebbe stato stipulato durante una cena a casa di Gianni Letta. Secondo questa versione, D’Alema si sarebbe impegnato a non fare andare in porto una legge sulla regolamentazione delle frequenze televisive: a tale fine si sarebbe prestato l’allora presidente della ottava Commissione permanente del Senato, Claudio Petruccioli, non calendarizzando l’esame degli articoli del disegno di legge n. 1138 per tutta la XIII legislatura. Tale legge infatti avrebbe costretto il gruppo Mediaset a vendere una delle proprie reti.

Ci siamo vergognati molto più recentemente quando abbiamo consentito la nascita del governo Monti, senza che venisse sfiduciato il governo Berlusconi, consentendo al Caimano di farlo cadere a suo piacimento e con i tempi che ha preferito. Ci siamo vergognati della gestione dell’elezione del Presidente della Repubblica, quando venne scelto incomprensibilmente prima il nome di Franco Marini in accordo con Berlusconi e poi quello di Romano Prodi, per l’ennesima volta tradito nel segreto del voto. Siamo ancora in attesa di conoscere i 101 traditori fra gli attuali parlamentari del Pd. Ci siamo vergognati di aver dato vita al governo Letta, nipote di Gianni, insieme a Berlusconi, Alfano, Monti e Casini. Ci siamo vergognati di aver salvato i ministri Alfano sul caso Shalabayeva e Cancellieri per le telefonate ai Ligresti. Ci siamo vergognati delle parole di Enrico Letta, “è un grande”, rivolte a Berlusconi dopo l’ennesimo voto di fiducia durante una finta crisi di governo.

Insomma per gli elettori del Pd la vergogna è stata spesso un sentimento collettivo, che ha chiamato in causa l’inadeguatezza della classe politica del partito. La vittoria di Matteo Renzi alle primarie è in larga parte il frutto di questa inadeguatezza e del conseguente fallimento politico. Ora Fassina faccia una cortesia. Non prenda in giro le intelligenze di tutti noi. Eviti di chiedere di sottoporre la scelta sulla legge elettorale ad un referendum degli iscritti. La sua sarebbe stata una proposta giusta e legittima, se il Pd avesse scelto di farlo nel momento politico più importante per il Paese. Un referendum fra gli iscritti avrebbe avuto senso sulla scelta di dare vita ad un governo con il Pdl, come ha fatto in Germania la Spd per entrare nel governo con la Merkel. Chiederlo ora ha davvero il senso della presa in giro e dimostra grande disonestà intellettuale. Quella disonestà intellettuale che gli elettori del Pd hanno deciso di mandare a casa con l’elezione di Matteo Renzi.

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