La settimana appena trascorsa ha celebrato il requiem del governo giallo-verde, dimostrando plasticamente come l’alleanza fra la Lega di Matteo Salvini e il M5S di Luigi Di Maio sia soltanto un’accozzaglia tenuta assieme dall’interesse comune per il potere e le poltrone. I due leader, infatti, dopo aver rotto il proprio fidanzamento, defollowandosi da Instagram hanno cominciato a darsene pubblicamente di santa ragione. Salvini approfittando dell’assenza dei ministri grillini al Consiglio dei Ministri, affossando in solitaria il decreto “Salva Roma”, Di Maio attaccando l’alleato sul Corriere della Sera per i presunti rapporti di alcuni leghisti di punta con personaggi legati alla criminalità organizzata. Interrogativi inquietanti sui rapporti tra la Lega e la Mafia, che rende però ancora più preoccupante la ragione per la quale il M5S possa dire queste cose e rimanere allo stesso tempo al governo con Salvini. Sullo sfondo ovviamente rimane lo scontro per far dimettere il sottosegretario leghista Armando Siri da una parte e la Sindaca di Roma Virginia Raggi dall’altra.
Il problema è sempre del M5S che applica la propria morale a tutti gli altri tranne che ai propri adepti. Il postulato grillino è semplice: se l’avviso di garanza arriva ad un amico si è garantisti fino al terzo grado di giudizio, se arriva ad un nemico scatta la pubblica gogna. Lo sa bene soprattutto un nemico interno al movimento di Di Maio e della Raggi. Il Presidente del Consiglio comunale Marcello De Vito è stato espulso per editto del vicepremier, mentre per altri si è scelta la strada della votazione sul blog. Su tutti la Raggi per la quale vale la presunzione d’innocenza anche difronte agli audio incredibili su Ama. Per lei venne persino modificato lo statuto del M5S. E’ chiaro che se Virginia Raggi dovesse cadere a Roma, il M5S sarebbe spacciato anche nel resto del Paese. La sua difesa sarà dunque ad oltranza. Il diverso trattamento sulla giustizia che i grillini riservano agli altri ha di fatto incattivito Salvini, disposto su questo tema a mettere a rischio la tenuta stessa del governo. Soprattutto perché il prossimo a finire sulla forca grillina potrebbe proprio essere il Ministro dell’Interno.
Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti ha giustamente fatto notare come in Italia non esista più un governo. Ha perfettamente ragione. Tuttavia esiste fra gli italiani una pericolosa maggioranza trasversale che Matteo Salvini sembra saper cavalcare da nord a sud. Una maggioranza sempre più sfiduciata dalla democrazia, a cui piace l’uomo solo al comando che teorizza la cacciata dei diversi, la liberazione dagli immigrati, il ritorno alla liretta e al magnamo che ce passa. Nonostante la recrudescenza del fenomeno neo-fascista, Salvini non sarà mai Mussolini, ma proprio per questa ragione rischia di riproporre in farsa quella che è già stata una tragedia per il Paese. L’assenza di un governo e di una linea politica seria può portarci ancora più in recessione economica, facendoci perdere altri posti di lavoro e costringendoci ad arretrare sul piano dei diritti sociali e civili. Ci vuole una riscossa civica che parta dalle persone e le induca ad invadere i partiti tradizionali e persino a crearne di nuovi se necessario. Nel frattempo tutti noi non possiamo limitarci a ricordarci del sacrificio dei partigiani il 25 aprile. La liberazione si celebra una volta l’anno, ma il fascismo va combattuto ogni giorno. Come fanno migliaia di persone in tutto il Paese quando quotidianamente cancellano una scritta ignobile di qualche sfigata sigla neo fascista. Proprio nella giornata del 25 aprile hanno dovuto farlo i compagni del VII Municipio a via Taranto e quelli del III municipio a via Scarpanto.
In questi ultimi mesi c’è molto fermento e stanno emergendo in giro per il mondo figure che hanno scosso le nostre assopite coscienze. La battaglia di Greta Thunberg per il clima è solamente la punta dell’iceberg, tuttavia quello che dovrebbe stupirci è l’odio con cui una ragazzina, affetta dalla sindrome di Asperger, venga aggredita da più parti. Significa che quello che dice è la verità e tocca gli interessi di chi non vuole che nulla cambi. Le sue parole sono potenti perché ci chiamano ad una rivoluzione, ovvero ad un cambio del paradigma dominante e tutti noi abbiamo timore dei mutamenti e probabilmente abbiamo persino perso il desiderio della rivoluzione come canta nel suo nuovo singolo Levante (clicca qui per ascoltarlo).
La questione principale di cui dovremmo occuparci è la modalità con la quale cambiare un paradigma dominante che evidentemente non funziona. C’è chi ancora oggi pontifica sulla necessità che anche la sinistra usi l’odio quale strumento di lotta di classe. Lo dico chiaro: io combatterò sempre chi istiga all’odio, sia che sia un leghista che un compagno che sbaglia. I grandi problemi del nostro mondo sono la conseguenza dell’odio, che rappresenta il sentimento dominante di chi è egoista e pone al centro prima di tutto se stesso. In questi giorni di vacanza sono stato in Francia a Parigi e mi è capitato di assistere agli scontri feroci fra i Gillet gialli e la polizia francese in assetto anti sommossa. Scontri veri con lancio di lacrimogeni, persone controllate prima e dopo la manifestazione, oltre duecento fermi e sirene spiegate delle ambulanze ogni dieci minuti. Per le strade i segni dei cassonetti bruciati e dei motorini dati alle fiamme dai manifestanti. A Parigi è così ogni sabato da quasi sei mesi. Il tutto però avviene nel disinteresse generale della maggioranza dei cittadini, che sabato scorso se ne stavano a prendere il sole sulle sponde di Canal St-Martin a poche centinaia di metri dagli scontri di Place de la Rèpublique. La violenza di frange organizzate da opposti estremismi non rappresenta la soluzione, ma può diventare una pericolosa deriva eversiva. Si cambia paradigma quando si mettono davvero in discussione abitudini e pregiudizi. Soprattutto quando non ci si rassegna a perdere il desiderio di una rivoluzione sociale e culturale che metta al centro gli interessi della collettività e difenda i diritti dei più deboli. Una rivoluzione democratica e non violenta, questa è la missione della sinistra.
p.s il rammarico più grande è non essere riuscito a tornare in tempo per dare l’ultimo saluto alla nostra compagna storica Pina Cocci. Meglio di me l’hanno ricordata persone che stimo come Walter Veltroni, Andrea Sgrulletti e Nella Converti. Lei è stata una delle anime pulsanti della comunità democratica. La sua invettiva spesso polemica con ognuno di noi celava un’amore smisurato per ognuno di noi. Ci ha donato più di quello che le abbiamo restituito ed è per questo che non la potremo dimenticare mai. D’ora in poi il 25 aprile sarà una data ancora più importante per tanti di noi. Bella Ciao Pina.